La crisi in Venezuela: implicazioni degli USA

di Manfredi Pozzoli - 23 Aprile 2019

  from London, United Kingdom

   DOI: 10.48256/TDM2012_00035

Perché un Intervento Militare Statunitense in Venezuela è Improbabile

Quella in Venezuela è la crisi più seria che abbia colpito il paese sudamericano nella sua storia recente. La condizione della nazione, che si trova essenzialmente spaccata in due tra forze pro e anti-Maduro, è sull’orlo del collasso. La concretizzazione di un tale scenario potrebbe seriamente danneggiare l’equilibrio dell’America Latina, e potenzialmente avere un impatto rilevante a livello globale dal punto di vista strategico ed economico. In tale contesto, gli stati Uniti hanno un ruolo fondamentale.

 

Risolvere, o almeno contenere, la crisi in Venezuela rappresenta forse la più grande sfida che il governo Trump si trovi ad affrontare nel corso del suo primo termine. La situazione del paese sudamericano, infatti, presenta delicate questioni umanitarie, diplomatiche e strategiche. Nell’ottica di una crisi che sembra sfiorare sempre di più la guerra civile, e con le elezioni del 2020 che si avvicinano, Trump deve gestire uno scenario incredibilmente fragile.  

 

La Crisi in breve

Il Venezuela è una nazione in ginocchio. Da quasi un decennio, infatti, il paese sudamericano sta affrontando un periodo di recessione economica, che ha portato milioni di cittadini a emigrare. Nelle ultime edizioni della classifica delle ‘peggiori economie’ stilata da Bloomberg, il Venezuela occupa regolarmente la prima posizione. [1]

 

La causa più evidente della crisi è il tracollo generale dei prezzi del petrolio, che nel 2014 ha seriamente danneggiato le finanze venezuelane. Il paese è il più grande esportatore di greggio in Sudamerica; questa risorsa rappresenta un pilastro essenziale per l’economia della nazione: secondo l’OPEC ‘le entrate legate al petrolio sono responsabili del 98% dei guadagni legati alle esportazioni’ venezuelane. [2] Inoltre, anni di crisi hanno avuto l’effetto di danneggiare ulteriormente la capacità produttiva dell’industria petrolifera: tra il 2017 e il 2018 la produzione di barili è calata di quasi un milione di unità. [3] A questa crisi industriale si deve aggiungere un crollo nel tasso di crescita del PIL e un aumento dell’inflazione (secondo Forbes, l’hyperinflation venezuelana sarebbe arrivata a toccare l’80,000% nel 2018). [4]

 

Alla guida del Venezuela vi è il socialista Nicolas Maduro, che ha preso il potere nel 2013, dopo la morte del leader storico Hugo Chavez (al potere dal 1999). Nonostante egli abbia cercato di mostrarsi come un successore di Chavez, Maduro non è riuscito ad ottenere la stessa popolarità del suo predecessore. Nel 2015, per la prima volta dal 1999, l’Assemblea Nazionale (l’organo legislativo del paese) è passata in mano all’opposizione. Il presidente, ad oggi, conserva invece il supporto dell’esercito. [5] Questa divisione è risultata fatale per  le tensioni interne alla nazione. Gli oppositori di Maduro, infatti, sono stati frequentemente vittime di violenze da parte di gruppi fedeli al regime: tra questi spiccano i colectivos, bande armate indipendenti ma direttamente appoggiate da Maduro. [6]

 

La Crisi negli ultimi mesi

La crisi venezuelana si è particolarmente inasprita negli ultimi mesi, in seguito alle elezioni del maggio 2018. La vittoria di Maduro, ottenuta con il 70% delle preferenze, è stata apertamente denunciata dall’Assemblea Nazionale come irregolare, dato che il governo ha impedito la candidatura di un numero di partiti d’opposizione. [7] La situazione ha raggiunto un altro momento critico il 23 gennaio 2019, quando il 35enne leader dell’Assemblea Juan Guaido si è autoproclamato presidente, ricevendo l’appoggio di parte della popolazione. Ad oggi, Guaido ha ricevuto il supporto ufficiale di 65 paesi, inclusi gli Stati Uniti, che si sono impegnati a favorire un passaggio di potere. [8] Il segretario di stato Mike Pompeo ha dichiarato su CNN, il 24 febbraio, che il governo di Maduro ha ‘i giorni contati’, sostenendo la necessità di un intervento americano deciso. [9]

 

Nelle scorse settimane, la situazione interna del Venezuela ha continuato a diventare più instabile. L’episodio più recente della crisi è stato un blackout generale, che è stato descritto come il peggiore nella storia venezuelana. [10] Il blackout ha avuto inizio il 7 marzo, ed è continuato per più di una settimana, colpendo la quasi totalità del paese. Secondo The Guardian, l’evento avrebbe causato dei danni sostanziali; in particolare, l’assenza di corrente negli ospedali sarebbe stata causa della morte di almeno 21 persone. [11] Maduro ha attribuito la colpa agli Stati Uniti. Il blackout, secondo il leader socialista, sarebbe stato causato da un cyberattack orchestrato da Washington per danneggiare ulteriormente il regime. [12]

Nonostante molte fonti considerino USCYBERCOM (il dipartimento responsabile delle operazioni militari americane a livello informatico) capace di un tale attacco, una tale operazione appare poco probabile. Più realisticamente, come riportato da The Telegraph, la carenza di manodopera e risorse è da considerarsi la causa più probabile. [13]

 

Gli Interessi Americani

Gli Stati Uniti hanno un particolare interesse a risolvere la crisi venezuelana, oltre che possibilmente, eliminare Maduro. Questi interessi hanno, in primo luogo, delle fondazioni di natura storica e ideologica. Dalla fine del diciannovesimo, una delle prerogative fondamentali della politica estera statunitense è il mantenimento della stabilità della regione latinoamericana. Questa dottrina diplomatica, concretizzatasi inizialmente nella Monroe Doctrine, che designava gli Stati Uniti come l’unico ‘arbitro’ delle questioni sudamericane,  è stata modificata e interpretata dai vari presidenti nel corso dei decenni.  Inoltre, dalla Guerra Fredda, è stato interesse primario di Washington il limitare l’espansione di regimi di stampo filo-comunista.

 

L’opposizione al governo socialista di Maduro, quindi, si iscrive in una narrativa diplomatico-militare che trova le proprie fondamenta nel secolo scorso. Questa importanza ‘ideologica’ del Venezuela riecheggia nelle parole di Mike Pence. Il 25 febbraio, infatti, il vicepresidente ha dichiarato, ispirandosi alla retorica già usata da Reagan e Truman, che ‘non ci possono essere spettatori nella lotta per liberare il Venezuela’. [14]

 

Tuttavia, l’obiettivo di rendere nuovamente stabile  il Venezuela ha anche delle motivazioni concrete. Il paese sudamericano, infatti, ha un ruolo essenziale dal punto di vista economico e strategico. In primo luogo, esso si trova a poca distanza dagli Stati Uniti, e confina con la Colombia, l’alleato principale di Washington in Sudamerica. Un potenziale collasso del Venezuela potrebbe causare un’ulteriore ondata migratoria, e danneggiare al contempo la stabilità dei paesi vicini. Inoltre, se la crisi dovesse continuare a lungo, Maduro potrebbe realisticamente avvicinarsi a Mosca e Pechino. Paradossalmente, il petrolio venezuelano ha un ruolo meno importante. Sotto il governo Trump, infatti gli Stati Uniti sono riusciti ad aumentare la produzione interna (arrivando, a marzo 2019, a 12,000 migliaia di barili settimanalmente), divenendo così meno vulnerabili a una crisi di esportazioni sudamericana. [15]

 

I problemi di un intervento militare

Nonostante Trump dichiari apertamente di non aver scartato l’opzione militare, un intervento americano armato sembra attualmente abbastanza improbabile. Difatti, una tale strategia appare complicata per molteplici aspetti. In primo luogo, la permanenza delle truppe americane in Venezuela – qualora l’intervento riuscisse – si estenderebbe necessariamente per un periodo abbastanza lungo. Un tale impegno, che avrebbe un impatto economico considerevole, non appare certamente auspicabile a Washington, considerate le difficoltà che l’esercito americano ha incontrato nel decennio di permanenza in Afghanistan. Proprio perché un collasso dell’apparato produttivo Venezuelano non rappresenta un problema immediato per Washington, Trump potrebbe optare per ottenere il passaggio di potere per vie diplomatiche.

 

Inoltre, le forze armate venezuelane rappresentano un altro ostacolo. Nonostante numerosi casi di diserzione, l’esercito resta fedele a Maduro; per questo, l’invio di truppe americane sarebbe rischioso. Infatti, mentre, da una parte, l’esercito Venezuelano non potrebbe resistere per molto ad un intervento militare statunitense, non è da escludere che una tale operazione comporterebbe delle perdite non trascurabili. Secondo le stime di Military Times, l’operazione richiederebbe il dispiegamento (e realisticamente la permanenza prolungata) di più di 100,000 soldati statunitensi. [16] Per queste ragioni, fino a che Maduro potrà contare sull’appoggio dell’esercito, è improbabile che gli Stati Uniti tentino un confronto aperto.

 

Il rischio Politico: Elezioni 2020

Un altro fattore importante, che avrà una certa influenza sulle decisioni del gabinetto di Trump nei prossimi mesi, sono le elezioni del 2020. La campagna elettorale, aperta nei primi mesi del 2019, occuperà un ruolo centrale nella vita dei cittadini americani per i prossimi due anni. Per la campagna di Trump, che secondo Reuters ha un approval rating di 42.1% al 10 marzo, la questione venezuelana è di vitale importanza. [17] Una possibile risoluzione della crisi, qualsiasi sia il suo esito, avrà un impatto significativo sulle intenzioni di voto degli americani.

 

Per questo motivo, è improbabile che Trump prenda una posizione decisa, almeno per il momento. Infatti, un dispiegamento aperto di truppe statunitensi sul suolo Venezuelano andrebbe in aperto contrasto con le promesse del presidente. In particolare, Trump si è distinto nel suo primo termine come presidente per aver supportato apertamente la futura rimozione di truppe americane dalla Siria e dall’Afghanistan, oltre a una risoluzione pacifica delle tensioni con la Corea del nord. Queste tipo di politica non-interventista, costruita sullo slogan ‘America First’ ha quasi letteralmente diviso in due l’elettorato, ottenendo tuttavia un chiaro successo tra gli elettori repubblicani. [18]Un possibile improvviso passaggio a una politica interventista potrebbe essere catastrofico per la credibilità di Trump tra i suoi sostenitori più fedeli.

 

Uno Sguardo al futuro

A causa dei rischi politici e militari, è improbabile che gli Stati Uniti intervengano militarmente in Venezuela. L’opzione militare è infatti impopolare a livello internazionale, e presenta dei rischi non indifferenti. [19] Ad oggi, la via più percorribile sembra quella del dialogo diplomatico, mediato, potenzialmente, dagli alleati degli Stati Uniti in Sudamerica. Infatti, con l’elezione di Bolsonaro in Brasile, Trump può contare sulla Colombia e sul Brasile per iniziare le trattative. Con la propria popolarità che continua a scendere, Maduro potrebbe essere infatti portato a contrattare, e a abbandonare il comando volontariamente. In ogni caso, fino ad ora gli Stati Uniti non hanno fatto ancora nessun passo decisivo: per il momento, la strategia di Trump sembra quella di prendere tempo.

 

Bibliografia [1] – [9]

[1] M. Jamrisko, C. Saraiva, These Are the World’s Most Miserable Economies, Bloomberg, 14/2/18. https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-02-14/most-miserable-economies-of-2018-stay-haunted-by-inflation-beast .

[1] J. Parkin Daniels, Venezuela: about 3m have fled political and economic crisis since 2015, UN says, The Guardian, 8/11/18. https://www.theguardian.com/world/2018/nov/08/venezuela-migrants-fleeing-exodus-increase-united-nations.

[2] OPEC.org, Venezuela Facts and Figures. https://www.opec.org/opec_web/en/about_us/171.htm

[3] G. Depersio, How does the price of oil affect Venezuela’s economy?, Investopedia, 20/9/18. https://www.investopedia.com/ask/answers/032515/how-does-price-oil-affect-venezuelas-economy.asp.

[4] S. Hanke, Venezuela’s Hyperinflation Hits 80,000% Per Year in 2018, Forbes, 1/1/19. https://www.forbes.com/sites/stevehanke/2019/01/01/venezuelas-hyperinflation-hits-80000-per-year-in-2018/#3531c4b04572.

[5] M.B. Sheridan, How Nicolàs Maduro has been able to cling to power, The Washington Post, 9/3/19. https://www.washingtonpost.com/world/how-nicolas-maduro-has-been-able-to-cling-to-power/2019/03/08/896cf3aa-41bc-11e9-85ad-779ef05fd9d8_story.html?utm_term=.dc1d5bae4313.

[6] M.B. Sheridan, M. Zuñiga, Maduro’s muscle: Politically backed motorcycle gangs known as ‘colectivos’ are the enforcers for Venezuela’s authoritarian leader, The Washington Post, 14/3/19. https://www.washingtonpost.com/world/the_americas/maduros-muscle-politically-backed-motorcycle-gangs-known-as-colectivos-are-the-enforcers-for-venezuelas-authoritarian-leader/2019/03/13/2242068c-4452-11e9-94ab-d2dda3c0df52_story.html?utm_term=.f8ba042057d0.

[7] C. Valia, Elezioni Venezuela 2018: risultati, ecco chi ha vinto, TPI News, May 21, 2018. https://www.tpi.it/2018/05/21/elezioni-venezuela-2018-risultati/.

[8] G. Elizondo, Venezuela: 65 countries support Guaido, while UN backs Maduro, Aljazeera, 15/2/19. https://www.aljazeera.com/news/2019/02/venezuela-65-countries-support-guaido-backs-maduro-190215134801090.html.

[9] Venezuela crisis: President Maduro’s ‘days numbered’ – Mike Pompeo, BBC News, 24/2/19. https://www.bbc.co.uk/news/world-latin-america-47348293 .

 

Bibliografia [10] – [19]

[10] [13] A. Harriet, Fears of civil war in Venezuela as nationwide blackout enters fourth day, The Telegraph, 12/3/19. https://www.telegraph.co.uk/news/2019/03/12/fears-civil-war-venezuela-nationwide-blackout-enters-fourth/.

[11] [12] T. Phillips, Venezuela blackout has killed 21 people, opposition leaders say, The Guardian, 11/3/19. https://www.theguardian.com/world/2019/mar/11/venezuela-blackout-deaths-latest-news-caracas-opposition-claims-.

[12] G. Heatland, Venezuela’s Deadly Blackout Highlights the Need for a Negotiated Resolution of the Crisis, The Nation, 13/3/19. https://www.thenation.com/article/venezuela-blackout-us-sanctions-maduro/.

[14] N. Gaouette, B. Klein, Pence says ‘it’s time’ for action against Maduro, CNN, 25/2/19.. https://edition.cnn.com/2019/02/25/politics/pence-venezuela-lima-group/index.html.

[15] Weekly U.S. Field Production of Crude Oil, U.S. Energy Information Administration, https://www.eia.gov/dnav/pet/hist/LeafHandler.ashx?n=PET&s=WCRFPUS2&f=W.

[16] K. Rempfer, T. Smith, There are mounting signs of military planning for Venezuela, MilitaryTimes, 15/3/19. https://www.militarytimes.com/news/your-military/2019/03/15/there-are-mounting-signs-of-military-planning-for-venezuela/.

[17] Overall, do you approve or disapprove about the way Donald Trump is handling his job as President?, Reuters. http://polling.reuters.com/#!response/CP3_2/type/week/dates/20170201-20190312/collapsed/true.

[18] A. Dunn, B. Jones, Americans divided over decision to withdraw from Syria, Fact-Tank, 18/1/19. http://www.pewresearch.org/fact-tank/2019/01/18/americans-divided-over-decision-to-withdraw-from-syria/.

[19] J. Parkin Daniels, E. Graham-Harrison, S. Jones, Venezuela: US increasingly isolated as allies warn against use of military force, The Guardian, 25/2/19. https://www.theguardian.com/world/2019/feb/25/venezuela-mike-pence-maduro-guaido.

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Autore dell’articolo*: Manfredi Pozzoli, addetto a questioni di difesa. Studente di Storia e Relazioni Internazionali (BA.) presso King’s College London, UK.

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Nota della redazione del Think Tank Trinità dei Monti

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