Land grabbing e spazi urbani contesi: il caso Lagos

di AA.VV. - Autori vari - 19 Giugno 2019

 from Naples and Rome, Italy

   DOI: 10.48256/TDM2012_00042

Cos’è il land grabbing?

Il land grabbing, in italiano letteralmente “accaparramento delle terre” è un fenomeno che si riferisce “all’esplorazione, la negoziazione, l’acquisizione o l’affitto, l’impiantazione e lo sfruttamento delle risorse delle terre, in particolare, per raggiungere la sicurezza di cibo (food security) o di energia (energy security) attraverso l’esportazione verso il paese investitore” (Matondi, Havnevi e Beyene 2011, 1). Il termine land grabbing si riferisce anche alla transazione o l’acquisto di terre effettuate da corporazioni transnazionali o governi esteri (Zoomers 2010). Questo fenomeno viene per lo più praticato da attori internazionali provenienti da paesi sviluppati o emergenti, come i BRICS, anche chiamati grabbers, a danno dei paesi cosiddetti in via di sviluppo, chiamati target countries, tra cui l’Africa Sub-Sahariana, il Sud America e il Sud-Est asiatico. Tuttavia il fenomeno non si limita esclusivamente ad un’azione esterna ma spesso sono gli stessi attori locali che si contendono la proprietà della terra al fine di controllarne le risorse.

Cosa spinge gli attori internazionali a praticare il land grabbing?

Le motivazioni principali che portano i governi del Nord del mondo ad accaparrarsi terreni nel Sud sono la costante crescita della food security e la domanda di biocarburanti. Per quanto riguarda la prima, la domanda interna dei paesi sviluppati ed in particolare di quelli emergenti, è in aumento a causa di un rapido cambiamento delle diete e di una progressiva urbanizzazione (Zoomers 2010). I paesi economicamente sviluppati hanno a disposizione solo un numero limitato di terreni per la coltivazione e produzione degli alimenti che consumano, di conseguenza sono forzati ad affittare nuove terre “vuote” per coltivare il cibo necessario a rispondere alle necessità delle loro popolazioni (Matondi et al. 2011). In particolare, paesi come la Cina che hanno vissuto un’enorme industrializzazione, hanno trasformato le terre disponibili destinate all’agricoltura in terre per il settore secondario e non ne hanno abbastanza disponibili per una coltivazione che soddisfi l’intera popolazione.

La seconda causa fondamentale per il land grabbing è la coltivazione intensiva di piantagioni, tra le quali l’olio di palma, la jatropha e la canna da zucchero, utilizzate in gran parte per la produzione di biocarburanti in quanto sono più eco-sostenibili più economici dei combustibili fossili (Schiffman 2013). Questa causa è spiegata anche dalla “finita” disponibilità di petrolio che spaventa molti paesi sviluppati che cercano, dunque, di ripiegare sui biocarburanti. Un ulteriore fattore stimolante è l’obiettivo posto dall’Unione Europea di ottenere il 20% della sua energia da biocarburanti entro il 2020 (Hall 2011). Molte critiche sono state mosse nei confronti della direttiva sull’Energia Rinnovabile 2009/28/EC, tra cui quella di lasciare carta bianca alle compagnie e, dunque, continuare a permettere loro di praticare il land grabbing nei paesi più poveri del mondo per coltivare biocarburanti (Heuwel 2010).

Foreign Direct Investment (FDI)

Con land grabbing si definisce, in maniera critica, il più conosciuto Foreign Direct Investment (FDI – investimento diretto estero) in agricoltura (Santangelo 2018). Gli FDI sono misure state prese dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per spronare i paesi del terzo mondo ad uscire da una stagnazione economica (Bond 2007). L’FDI in agricoltura è un afflusso di investimento in forma di denaro da parte di paesi sviluppati verso paesi in via di sviluppo per cercare di accrescere la loro capacità economica, attraverso investimenti in infrastrutture e nuove tecnologie per aumentare la loro capacità produttiva (Batterbury and Ndi 2018). Oggigiorno, questo fenomeno è appunto presentato come un modo per modernizzare l’agricoltura e le industrie. Tuttavia spesso il fenomeno è fortemente incentivato anche dai Governi centrali e locali dei Paesi del sud del mondo. Infatti, grazie ai finanziamenti provenienti dalla Banca Mondiale e dal FMI questi Stati hanno maggiori possibilità di investire in infrastrutture e nella riqualificazione del territorio.

Criticità del fenomeno

Il land grabbing è possibile grazie al concetto di “terre vuote”. Come nel colonialismo moderno, la supposizione di oggi è che nei paesi in via di sviluppo ci siano ancora terre inutilizzate (o che vengono registrate come tali) di cui governi e multinazionali estere si possono appropriare (Havnevik 2011). Queste terre, in realtà, sono tutt’altro che “vuote” in quanto abitate da comunità locali o popoli indigeni a cui spesso il proprio paese non riconosce i diritti di proprietà privata. In questo caso però, i governi nazionali dei paesi target giocano un ruolo fondamentale: spesso i terreni agricoli nazionali sono proprietà dello stato, e non dei singoli cittadini. Di conseguenza, i governi, caratterizzati da una debole governance, tendono a concedere grandi appezzamenti di terreno ad investitori esteri, traendo profitti ma senza reinvestirli per il benessere della loro popolazione, perpetuando così la condizione di stagnazione del proprio paese.

Importanza delle terre

Bisogna sottolineare che l’agricoltura è un elemento fondamentale per l’economia dei paesi in via di sviluppo. Ad esempio, in Africa le terre forniscono fonte di sussistenza, ma sono  anche simbolo di importanza nella comunità. La land governance nelle comunità locali si basa su consuetudini e prassi che vengono tramandate oralmente da una generazione ad un’altra (Cotula, Vermeulen, Leonard, Keeley 2009). Quindi la terra ha in sé un valore importantissimo. I paesi target sono gli Stati più poveri del mondo, dove la fame è una delle cause principali di morte. Nonostante siano quelli più ricchi in risorse naturali e terre fertili, i loro governi preferiscono affittarle ad investitori esteri anche per concessioni di 99 anni (Zambakari 2017). La conseguenza è che frequentemente le comunità locali sono costrette a cambiare tipo di coltura (che diventa intensiva) o sono sfollate dalle loro terre. In questo modo le comunità locali diventano ancora più deboli e più povere.

Il land grabbing urbano: spazi contesi tra autorità e comunità locali

Il fenomeno di accaparramento delle terre non si limita ai soli territori rurali e destinati all’agricoltura ma spesso è significativo anche negli spazi urbani dove le possibilità di creare e acquisire ricchezza sono maggiori. Per tale motivo, si parla di “spazi contesi” in tutti quei casi in cui non vi è un sistema certo e trasparente di attribuzione dei diritti di proprietà. Ciò genera una forte contesa tra i diversi attori che competono per le risorse e per lo sfruttamento delle stesse. Ne consegue che la dimensione del fenomeno non sia esclusivamente di carattere transnazionale e inter-statale, ma molto spesso coinvolga principalmente attori locali e intra-statali.

Il caso Lagos

In una città come Lagos, caratterizzata da una fortissima speculazione edilizia e grande crescita demografica, si pone il problema di chi abbia il diritto di reclamare la terra. I forti interessi economici che vengono messi in gioco si scontrano, infatti, con alcune particolari dinamiche di carattere locale.

La federazione nigeriana, che conta 36 stati, stabilisce il numero di governi locali tramite un criterio demografico fissato in costituzione. Tuttavia non sempre i censimenti si rivelano accurati. Il censimento ufficiale del 2006 (Fawehinmi 2018) individuava Kano come città più popolosa rispetto a Lagos comportando la possibilità per Kano di eleggere un maggior numero di governi locali e di conseguenza di ottenere maggior peso politico. Inoltre, va considerato come la divisione federale non rispetti una divisione etnica ma una di carattere politico-economico derivante dallo scontro di interessi contrastanti.

Essendo la Nigeria tra gli stati più ricchi dell’Africa, nonché il primo per crescita economica, risulta fortemente attrattiva per gli investitori esteri. Tuttavia, gli speculatori devono fare i conti con diverse problematiche: a Lagos, dove il centro si sviluppa principalmente nella zona insulare, il governo locale ha fortemente incentivato forme di speculazione edilizia. Ciononostante, data la scarsità di terreni a disposizione e in virtù della forte rivalutazione del territorio, i costi d’acquisto sono estremamente elevati. Inoltre, chi vuole acquistare un terreno deve fare i conti con gli Omo Onile, un gruppo sociale che si considera discendente degli originari proprietari della terra di Lagos.

Il quadro storico

Secondo gli Omo Onile, infatti, i padroni originari del territorio di Lagos erano i membri del gruppo yoruba degli Awori (Agiri and Barnes 1987, Adefuye 1987, Faluyi 1987, Dioka 2003). Questi, per mantenere intatta la propria ricchezza, avevano strutturato un sistema di trasmissione della terra sia per linea patrilineare che matrilineare. A tale scopo avevano inoltre sviluppato una grande capacità di inclusione degli stranieri, tramite matrimonio, che faceva sì che divenissero Awori a tutti gli effetti e guadagnassero pieno diritto sulla terra.

Con l’arrivo dei primi insediamenti europei e l’inizio della tratta degli schiavi, l’economia dell’area verrà stravolta. Gli occidentali iniziarono a cercare figure di riferimento tra i gruppi indigeni sfruttando le specificità dei governi tradizionali locali. In molti contesti africani tradizionali infatti, la sovranità non si esercitava sul territorio, ma sugli individui. Lagos in questo senso non faceva eccezione. Il potere infatti era esercitato dall’Oba, ovvero il re del Benin che aveva conquistato precedentemente l’area per assumere maggiore autorità sulla popolazione locale. L’Oba non era dunque interessato a controllare il territorio ma gli individui da destinare alla tratta degli schiavi (Peil 1991, 6).

Al contrario, quella degli Awori era una sovranità sul territorio. Di conseguenza i notabili beninesi, che si insediarono a Lagos per aiutare gli europei a governare l’area, ben presto iniziarono a sposare le donne Awori acquisendo così anch’essi il diritto sulla terra e potendone così rivendicare la proprietà (Cole 1975, 31).

Il colonialismo britannico e la legittimazione

Nell’800, con la fine della tratta degli schiavi, i coloni britannici persero interesse nel fare affari con l’Oba costringendolo a cedere, nel 1861, l’intero territorio di Lagos. Quest’atto di cessione tuttavia, venne considerato illegittimo dagli Idejo (i leader Awori) che rivendicarono la proprietà della terra dinanzi alla Suprema Corte britannica (Faluyi 1987, 234–235). Da tale ricorso deriverà un precedente giuridico importante; infatti, la compensazione ottenuta dagli Inglesi per la perdita delle terre cedute stabiliva un titolo di proprietà in capo agli Idejo. Così, nel 1917 i britannici furono costretti a cedere la terra agli Idejo per i successivi 99 anni, ossia fino al 2016.

Forti di questa legittimazione, gli Omo Onile hanno iniziato a porre in essere una serie di strategie ostative a qualunque atto di compravendita si cercasse di formalizzare su quei territori considerati come propri. Non soltanto facendo valere il “diritto di reversione” quando un terreno fosse stato acquistato e non sfruttato proficuamente, ma anche attraverso pratiche di estorsione (paragonabili nelle modalità al “pizzo” mafioso) che spesso sfociavano in forme di violenza armata.

La complessità sociale del fenomeno

In virtù della struttura sociale articolata in famiglie allargate, è difficile individuare un vero capo tra gli Omo Onile. Per tale ragione, non è raro che vi siano più soggetti che reclamano il proprio diritto sulla terra contestando la legittimità di colui che, nella compravendita, viene indicato come garante. Ciò ha generato nel tempo un sistema di vendite multiple che ha reso ancora più problematico riuscire ad identificare i proprietari legittimi. La stessa autorità statale nigeriana nell’ottica di rendere possibile la creazione di nuove infrastrutture e attrarre maggiori investimenti, è stata più volte costretta a stringere accordi con le famiglie.

Questa complessa situazione ha subito un forte contraccolpo nel 2016  anno in cui sono scadute le concessioni istituite dai britannici. Il governo centrale nigeriano, interessato a dare impulso all’economia, ha promulgato una legge che dichiara illegittime tutte le pratiche poste in essere dagli Omo Onile, facendo decadere qualunque diritto potessero accampare sulla terra di Lagos.   

Considerazioni finali

È chiaro che, quando manca un sistema normativo codificato, fenomeni come quello degli Omo Onile prendono facilmente piede. La complessa struttura di capi e famiglie allargate, nonché la connivenza con le strutture locali di potere, ha reso estremamente complesso determinare gli attori responsabili di questo fenomeno e dirimere le controversie che tra essi o tra essi e soggetti terzi potessero sorgere.

La soluzione al problema, oltre al provvedimento normativo, è dunque senza dubbio il miglioramento della gestione del diritto di proprietà. Tramite un sistema informatizzato, ad esempio, si potrebbe avere un quadro più chiaro di conoscenza e registrazione degli atti. Tale sistema, certo e trasparente, sarebbe senz’altro foriero di investimenti esteri e crescita economica.  

In conclusione dunque il land grabbing, sia a causa di attori internazionali che di contenziosi  tra attori locali, rappresenta un motivo di instabilità territoriale. La governance relativa al dirito di proprietà della terra africana genera spesso frizioni non solo economiche ma anche sociali. Tuttavia, a causa degli equilibri delicati che coinvolgono il fenomeno, risulta complesso trovare delle soluzioni che favoriscano sia le élites internazionali che i governi locali che i cittadini africani.

Bibliografia

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Cotula, Lorenzo, S. Vermeulen, L. Rebeca, and J. Keeley. 2009. Land Grab or Development Opportunity? Agricultural Investment and International Land Deals in Africa. IIED, FAO, IFAD. London/Rome.

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Sitografia

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Heuwel, Sahra. 2010. 10% of EU transportation energy from bio-fuels by 2020. In ESI AFRICA, Africa’s Power Journal. Online. https://www.esi-africa.com/top-stories/10-of-eu-transportation-energy-from-bio-fuels-by-2020/

Santangelo, Grazia D. 2018. “The Impact of FDI in Land in Agriculture in Developing Countries on Host Country Food Security.” Journal of World Business 53 (1): 75–84. https://doi.org/10.1016/j.jwb.2017.07.006.

Schiffman, Richard. 2013. “Hunger, Food Security, and the Africa Land Grab ”. Ethics and International Affairs. Online. https://www.ethicsandinternationalaffairs.org/2013/hunger-food-security-and-the-african-land-grab-full-text/.

Zoomers, Annelies. 2010. “Globalisation and the Foreignisation of Space: Seven Processes Driving the Current Global Land Grab.” The Journal of Peasant Studies 37 (2): 429–47. https://doi.org/10.1080/03066151003595325.

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Autori dell’articolo*:

Roberta Croceaddetta alla comunicazione del think tank trinità dei monti. Studentessa in Politics, Philosophy and Economics all’Università LUISS Guido Carli, Roma, Italia.

Aurelia D’AmbrosioEsperta di Africa del Think Tank Trinità dei Monti; Dott.ssa in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli, Italia. Attualmente Studentessa di Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, Napoli, Italia.

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Nota della redazione del Think Tank Trinità dei Monti

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