L’Italia va sulla Luna: come cambiano le prospettive per il settore aerospaziale italiano.

di Gabriel Lazazzara - 31 Ottobre 2020

  from Trieste, Italy

   DOI: 10.48256/TDM2012_00148

Introduzione

Lo scorso 25 settembre sono arrivate le firme dell’amministratore delegato della National Aeronautics and Space Administration (NASA) Jim Bridenstine, del sottosegretario con delega per gli affari spaziali alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e del presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) Giorgio Saccoccia sul Joint Statement for Cooperation in Space Exploration. La notizia ha riscosso molto clamore mediatico poiché porta l’Italia ad essere il primo Paese europeo a chiudere un’intesa con la NASA per una collaborazione nel quadro del programma che riporterà l’uomo sulla Luna: il Programma Artemis. 

 

Successivamente, il 13 ottobre, in gran segreto, 8 governi, tra i quali vi è quello italiano, hanno sottoscritto gli Artemis Accords. Nello specifico si tratta di accordi multilaterali atti a regolare le future attività spaziali inerenti il ritorno sulla Luna.

Il Programma Artemis

Il Programma prende il nome dalla mitologica sorella gemella di Apollo: Artemide. Non a caso è un nome femminile, visto che il programma punta a portare la prima donna sulla Luna. Il Programma Artemis va inteso nel più grande scacchiere della corsa a Marte. Infatti, ha avuto origine dal cambiamento di un passo della 2010 National Space Policy (NSP) promossa dall’amministrazione Obama. Mentre il focus originario dell’esplorazione spaziale nel documento del 2010 era Marte, l’amministrazione Trump ha aggiunto una tappa di mezzo: il ritorno sulla Luna (White House, 2017). Non solo, la nuova Roadmap includeva due nuovi fattori: il ritorno doveva essere pensato per rimanere (da “going to the Moon” a “staying on the Moon”) e, di conseguenza, si è dovuto aprire il dibattito sull’utilizzo delle risorse lunari poiché unica possibile soluzione alla creazione di un habitat sostenibile nel tempo.

 

Questa “semplice” aggiunta di una tappa intermedia nella corsa al pianeta rosso ha drasticamente cambiato gli obiettivi di gran parte delle maggiori agenzie spaziali internazionali, nonché permesso un sostanziale aumento dei fondi allocati alle attività spaziali dal Congresso. Dal 2017, il budget del programma ha visto una crescita costante, sia sul lato militare che su quello civile-commerciale. All’insediamento dell’attuale amministrazione, Washington allocava 26 miliardi di dollari alle attività spaziali nel loro insieme. Questa cifra, comunque vadano le elezioni a novembre, è lievitata raggiungendo i 36,7 miliardi nel budget approvato per il 2020. Di questi, ben 22,6 verranno destinati alla NASA, un budget in aumento per il terzo anno di fila ma che rappresenta solo lo 0,48% del budget federale americano (NASA, 2019).

 

L’effetto del COVID-19

L’obiettivo è fissato per il 2024 ma la tabella di marcia molto serrata e i ritardi dovuti alla pandemia globale potrebbero far slittare questa data di qualche anno. Nonostante ciò, l’obiettivo dichiarato rimane quello di stabilire una presenza continuativa sul nostro satellite. I tempi però sono cambiati e, non potendo sostenere da sola il costo di questo grande sogno, Washington ha dovuto aprirsi a collaborazioni private e a partnership internazionali con altri governi. Mentre la Casa Bianca, ed in particolare Donald Trump, spingerà per vedere l’allunaggio entro il 2024 – ultimo anno del suo possibile secondo mandato – i piani riguardanti la creazione di un habitat che permetta l’effettiva presenza continuativa sono pensati per il 2028.

Gli Artemis Accords

Lo scorso aprile il Presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha messo nero su bianco una verità ormai palese agli addetti ai lavori: 

“Outer space is a legally and physically unique domain of human activity, and the United States does not view space as a global commons.” 

 

“Lo spazio è sia a livello legale che fisico un dominio unico dell’attività umana, e gli Stati Uniti non lo intendono come un bene comune.” 

Executive Order 13914, Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources.

 

Il mese successivo sono stati proposti gli Accordi Artemis. Il bisogno di norme chiare per l’utilizzo delle risorse spaziali c’era da tempo e l’amministrazione Trump non si è fatta attendere. Cogliendo l’opportunità creata dal Programma Artemis, la Casa Bianca sta promuovendo norme e principi per la regolamentazione internazionale, superando l’impasse che si sarebbe prodotta in sede COPUOS (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space delle Nazioni Unite).

 

Lo sforzo è altresì volto ad impedire che il trattato sulla Luna (The Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies), a cui gli Stati Uniti non sono ancora vincolati, diventi consuetudine. Il programma Artemis è quindi diventato uno strumento di punta della futura politica estera americana. 

 

I principi contenuti negli Accords rimangono per lo più in linea con il diritto spaziale internazionale già vigente e regolato dall’Outer Space Treaty e non puntano a sostituirlo. Al contrario, sono stati pensati come strumento rafforzativo della leadership spaziale statunitense in un contesto, quello attuale, di forti e repentini cambiamenti. Non per cambiare quindi, ma per guidare.

La firma sul Joint Statement for Cooperation in Space Exploration

“La firma di oggi rappresenta l’ultimo capitolo di una cooperazione di successo tra Stati Uniti e Italia nell’area dell’esplorazione spaziale”. 

Jim Bridenstine, NASA Administrator

 

“Questa intesa consentirà al nostro Paese di esprimere tutto il suo potenziale in termini scientifici e industriali partecipando a una missione dalle finalità quanto mai ambiziose che vanno anche oltre l’allunaggio” 

Riccardo Fraccaro, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

 

L’accordo siglato il 25 settembre prevede la partecipazione attiva del settore aerospaziale italiano alla missione che andrà sulla Luna. L’Italia è il terzo Paese dopo Canada e Giappone a siglare una dichiarazione di intenti di questo tipo. I dettagli sono ancora da definire nei successivi “implementing agreements” ma ci si aspetta un investimento vicino al miliardo di euro da parte del nostro governo che ricadrà su tutta la filiera (Caprara, 2020). Saranno parte dell’accordo la progettazione e il supporto tecnologico per realizzare la navetta del prossimo allunaggio e i moduli abitativi del futuro avamposto lunare. Ciò significa anche un grande riconoscimento internazionale della qualità del nostro tessuto aerospaziale, che avrà un ruolo chiave nella riuscita del Programma Artemis. 

L’Italia va sulla Luna: la firma degli Artemis Accords 

La firma del 13 ottobre è ancor più significativa. L’Italia rafforza la sua leadership nel panorama spaziale inserendosi tra i primi firmatari degli Artemis Accords insieme a Canada, Lussemburgo, Gran Bretagna, Emirati Arabi Uniti, Giappone e Australia. Washington considera l’Italia come uno dei principali partner a livello spaziale a prescindere dal nostro ruolo nello scacchiere europeo, prova ne è la lunga storia di cooperazione con la NASA.

 

Un’altra chiave di lettura obbliga a riflettere sull’assenza dell’ESA tra i firmatari e del silenzio assordante delle altre potenze spaziali europee: Francia e Germania. Tutto ciò accade in concomitanza con la candidatura italiana di Simonetta di Pippo – attuale Direttore dell’UNOOSA – alla Presidenza ESA. Gli ultimi due presidenti sono stati di estrazione tedesca e francese. Oltre al ritorno di un italiano alla presidenza dopo Antonio Rodotà, se venisse scelta, Simonetta di Pippo sarebbe anche la prima donna alla guida dell’Agenzia dalla sua formazione. Questo potrebbe rivelarsi un punto di svolta per la leadership spaziale italiana nel contesto europeo.

Conclusioni

Nel 2017 il governo italiano prese accordi con il governo cinese per una collaborazione incentrata sulla futura stazione spaziale cinese, la Tiangong-3. Poi, lo scorso febbraio, sotto pressioni di Washington, l’Agenzia Spaziale Italiana si è tirata indietro aprendo a nuovi scenari di cooperazione con la Casa Bianca. Questo ha sicuramente spianato la strada al coinvolgimento italiano nel nucleo dei primi firmatari degli Artemis Accords.

 

Con queste due firme l’Italia ha scelto da che parte stare nella prossima “corsa alla Luna”. Non solo, ha deciso di giocare una partita da protagonista che permette di delineare un futuro roseo di fronte al settore aerospaziale italiano e che riesce anche a riaffermare la sua leadership in campo internazionale. Il viaggio dell’Italia verso la Luna, e non solo, ha ufficialmente inizio.

 

Bibliografia

Caprara G. (2020). “C’è l’intesa con la NASA, l’Italia in missione sulla Luna”, Corriere della Sera, 25 Settembre 2020.
<https://www.corriere.it/cronache/20_settembre_25/c-l-intesa-la-nasa-l-italia-missione-luna-143dfa08-ff6a-11ea-bab8-81c46a04ebd3.shtml>

NASA Official Website (2020). “NASA’s FY 2020 Budget”, nasa.gov, 28 Maggio 2020.
<https://www.nasa.gov/content/fy-2020-budget-request>

The White House (2020). “Executive Order on Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources”, White House Official Website, 6 Aprile 2020.
<https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/executive-order-encouraging-international-support-recovery-use-space-resources/

The White House (2017). “Presidential Memorandum on Reinvigorating America’s Human Space Exploration Program”, White House Official Website, 11 Dicembre 2017.
<https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/presidential-memorandum-reinvigorating-americas-human-space-exploration-program/>

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Autore dell’articolo*: Gabriel Lazazzara, esperto in politica spaziale del think tank Trinità dei Monti. Dottore magistrale in International Relations presso l’Università di Bologna.

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