from Rome, Italy
Introduzione
La pandemia ha completamente ridefinito la routine e la vita di bambini e adolescenti: l’assenza di spazio personale in casa, la paura connessa al virus, l’assenza/la mancanza di contatti sociali, l’esposizione ad un costante bombardamento mediatico, gli stati d’animo negativi e, non ultimo, le difficoltà economiche da affrontare in famiglia influenzano la quotidianità e il benessere di bambini e adolescenti e delle loro famiglie.
Ma quali sono le variabili implicate nell’impatto mentale del COVID-19? Come poter offrire supporto in modo funzionale e tenendo in considerazione che il nucleo familiare è un sistema immerso all’interno di un macro sistema, ovvero la società?
Età
Da una review del 2020 (Marques de Miranda, Da Silva Athanasio, Sena Oliveira et al., 2020), emerge che ansia e depressione fossero presenti sia nell’infanzia che nell’adolescenza. Studi (Xinyan, Qi, Yu, et al., 2020; Zhou, Zhang, Wang et al., 2020; Chen, Zheng, Liu et al., 2020) indicano che gli adolescenti mostrano maggiormente sintomi depressivi rispetto ai bambini; solo uno dei precedenti studi (Zhou, Zhang, Wang et al., 2020) ha riportato livelli crescenti di ansia in rapporto all’età crescente degli adolescenti.
Un altro studio condotto sui bambini, invece (Jiao, Wang, Liu et al., 2020), ha messo in evidenza come persone tra i 3 e i 18 anni mostrassero disattenzione, irritabilità e eccessivo attaccamento; in particolare, bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni mostravano più attaccamento e paura che uno dei membri familiari potesse contrarre l’infezione, mentre gli adolescenti di età compresa tra i 16 e 18 anni mostravano disattenzione (Marques de Miranda, Da Silva Athanasio, Sena Oliveira et al., 2020).
Genere e residenza
Sebbene gli studi (Zhang, Wang, Guo et al., 2020; Chen, Zheng, Liu et al., 2020) riportino che le adolescenti mostrano livelli più alti di ansia e depressione, uno studio che analizza bambini tra i 7 e gli 11 anni non mostra differenze significative tra i generi (Xinyan, Qi, Yu et al., 2020; Zhou, Zhang, Wang et al., 2020). Inoltre, da alcune ricerche (Rios-Gonzalez, Palacios, 2020; Zhou, Zhang, Wang et al., 2020) è emerso che i livelli di depressione ed ansia sono più bassi nelle aree metropolitane di residenza rispetto a quelle rurali, sebbene i bambini residenti in aree altamente epidemiche riportano molta ansia, paura ed altre emozioni negative (Jiao, Wang, Liu et al., 2020).
Chiusura scolastica, salute fisica e mentale
Si può facilmente immaginare come la chiusura scolastica abbia avuto un impatto negativo sul benessere di bambini e adolescenti, sia per ciò che riguarda l’arricchimento della sfera sociale che il consolidamento di routine. Allo stesso modo, studi riportano l’importanza dell’attività fisica, specialmente durante il periodo di quarantena (Wang, Zhang, Zhao et al., 2020; Lambrese, 2020; Cui, Li, Zheng, 2020). Il regolare esercizio fisico, infatti, era correlato a bassa incidenza di ansia e depressione e alcuni genitori consideravano l’attività fisica come mitigatrice del carico psicologico dei figli (età 3-18 anni) solo dopo l’intrattenimento dei media (Chen, Zheng, Liu et al., 2020; Jiao, Wang, Liu et al., 2020).
Uno studio pubblicato su Lancet ha evidenziato che in Inghilterra più di un quarto dei soggetti in età compresa tra i 5 e i 16 anni e tra i 17 e i 22 anni, ha riportato disturbi del sonno. Ciò era più comune in coloro che con probabilità maggiore mostrava problemi di salute mentale; il 18% di essi riferiva, inoltre, di aver paura di lasciare casa per via del COVID-19 (Child mental health in England before and during the COVID-19 lockdown – The Lancet Psychiatry). Non bisogna dimenticare che l’homeschooling non era mai stato utilizzato in modo massivo e che ciò ha richiesto molta presenza e organizzazione soprattutto da parte dei genitori. Resta ancora da capire se quest’ultimo sia definito dalla famiglia come un carico o se rappresenti una strategia funzionale sia per i genitori che per i loro bambini (Marques de Miranda, Da Silva Athanasio, Sena Oliveira et al., 2020).
Tempo passato davanti agli schermi
Bambini e adolescenti hanno passato molto tempo davanti agli schermi dei dispositivi tecnologici per differenti motivi, oltre che per intrattenimento e per seguire da remoto le lezioni scolastiche: in particolare, emerge come a fronte di effetti positivi si riscontrino anche effetti negativi, come il rischio di esposizione a disinformazione, interruzione di ritmi circadiani e aumento dell’ansia (Hamilton, Nesi, Choukas-Bradley et al., 2020; Sharma, Reina Ortiz, Sharma, 2020). Rispetto a ciò, si raccomanda ai genitori di vigilare sull’utilizzo fatto degli strumenti digitali; essi devono rappresentare un modello per l’utilizzo consapevole e proficuo degli stessi. Infine, è importante che i genitori negozino e riflettano sul dare un limite di tempo per l’utilizzo e per i contenuti, soprattutto quelli che potrebbero accrescere l’ansia dei figli.
Ad oggi, ricercatori concordano nel sottolineare che i cambiamenti nel sonno, il tipo di dispositivo usato, il tempo d’impiego, il contenuto fruito possano influenzare quegli eventi di vita/sviluppo quotidiani che mettono in evidenza il ruolo psicopatologico dell’utilizzo improprio degli schermi (Marques de Miranda, Da Silva Athanasio, Sena Oliveira et al., 2020).
Vulnerabilità socio- economica
La ricerca condotta su Lancet mette in luce quanto il supporto percepito dai sistemi di protezione sociale debba essere rispondente alle sfide socio economiche che hanno affrontato e che affrontano ad oggi le famiglie: bambini potenzialmente più fragili in salute mentale avevano più del doppio delle probabilità di vivere l’ambiente familiare e le sue dinamiche in modo stressante (Child mental health in England before and during the COVID-19 lockdown – The Lancet Psychiatry).
Bisogna poi considerare che bambini provenienti da famiglie con basso reddito potrebbero fare affidamento solo sulla scuola per ciò che riguarda il supporto alla salute mentale, l’esercizio fisico ed il benessere generale percepito. Di fronte alla chiusura delle stesse, potrebbe essersi verificato un decremento del benessere generale: questi bambini potrebbero non aver avuto un accesso appropriato ad internet per le lezioni da remoto e per il contatto con i pari, ritenuti entrambi fattori protettivi, aggravando così le disuguaglianze provocate dal lockdown (Golberstein, Wen, Miller, 2020; Hamilton, Nesi, Choukas-Bradley et al., 2020; Crawley, Loades, Feder et al., 2020). La crisi economica e la disoccupazione ha inoltre incrementato le probabilità di maltrattamento dei bambini (Witt, Ordonnez, Martin et al., 2020; Golberstein, Wen, Miller, 2020; Clemens, Deschamps, Fegert et al., 2020).
Relazioni familiari e di comunità
E’ evidente che l’esperienza della pandemia abbia fatto vivere una condizione mentale mai diagnosticata prima, potenzialmente traumatica. In precedenza, bambini e adolescenti avevano la possibilità di coltivare la loro socialità: gli studi hanno evidenziato che le prospettive pessimistiche riguardanti la situazione, sommate alla paura che qualcuno dei cari potesse infettarsi e alla paura di contrarre il virus, potrebbero correlare con cambiamenti comportamentali (Lee, 2020). E’ stato evidenziato che i bambini con almeno un genitore con difficoltà psicologiche mostravano maggiore probabilità di avere un problema di salute mentale (Child mental health in England before and during the COVID-19 lockdown – The Lancet Psychiatry).
Infatti, alcuni hanno evidenziato che, esposti ad esperienze traumatiche, i bambini tendono a mostrare livelli più alti di benessere psicologico quando degli adulti per loro rilevanti si dimostrano disponibili ad aiutarli con le emozioni che li hanno sopraffatti o a consolarli (Diab, Peltonen, Qouta et al., 2019). Nella review si sottolinea come la presenza della famiglia sia comunque un fattore protettivo del disagio mentale (Sharma, Reina Ortiz, Sharma, 2020; Chatterjee, Barikar C, Mukherjee, 2020).
Inoltre, i giovani che hanno coltivato prosocialità e relazioni di comunità, accrescendo la loro responsabilità sociale, hanno riportato un maggiore senso di appartenenza, accompagnati comunque a livelli importanti di ansia e sentimenti di pesantezza (Alvis, Douglas, Shook et al., 2020; Sharma, Reina Ortiz, Sharma, 2020). Anche le relazioni sociali hanno avuto rilevanza quando associate alla salute mentale e alla motivazione a rimanere in quarantena tra i giovani: difatti, chi rispettava il distanziamento sociale rimanendo a casa provava minore ansia e sintomi depressivi, mentre chi si era recluso in quarantena preventivamente per paura di ammalarsi sperimentava ansia più elevata (Oosterhoff, Palmer, Wilson, et al., 2020). Non bisogna però dimenticare che in quasi tutto il mondo è stato possibile fruire di supporto psicologico telefonico ed online.
Impatto pandemico
Attendendo che i bambini e gli adolescenti ritornino a scuola completamente, si dovrà tentare di ristabilire abbastanza velocemente una normalità (Shapiro, 2006). Nel frattempo, nelle zone più colpite dalla pandemia, si deve fare riferimento ai servizi presenti nella comunità per tutelare la salute mentale in infanzia e adolescenza; non si conosce infatti l’impatto che il COVID-19 potrebbe avere nel lungo termine, quindi assicurare servizi all’interno del modello di salute pubblica potrebbe essere una delle best practices di prevenzione, promozione, trattamento e mantenimento (Hess, Short & Hazel, 2012).
Affinchè si consideri ecologicamente il contesto degli interventi e l’incidenza dei fattori ambientali (Hess et al., 2012), le scuole dovrebbero considerare che gli studenti potrebbe aver bisogno di supporti personalizzati ed interventi ad hoc per promuovere il benessere psicologico, supportando allo stesso modo i genitori e l’ambiente scolastico stesso (Boll & Cummings, 2008).
Modelli di rete sociale
Durante la pandemia, il senso di incertezza ha pervaso ogni ambito della vita quotidiana: il rischio di perdita del lavoro dei genitori, della malattia, l’emergere di priorità contrastanti sommati all’interruzione generale dei servizi sanitari e sociali hanno costituito un elemento di stress sia per i bambini che per gli adulti, influenzando le relazioni genitori- figli e anche la responsività ambientale di cui i bambini hanno bisogno (Schiavo, 2020). Il Nurturing Frame Network , sviluppato congiuntamente con l’Organizzazione mondiale della sanità, l’UNICEF e il Word Bank, si compone di servizi di supporto, politiche abilitanti e coinvolgimento di comunità per accrescere il supporto che i genitori forniscono ai propri bambini, potenziando l’impatto positivo sul loro sviluppo.
A testimonianza di ciò, risulta ancora di più in questo momento quanto sia utile proporre un sostegno per i genitori che sia strettamente correlato alla salute mentale dei bambini (Child mental health in England before and during the COVID-19 lockdown – The Lancet Psychiatry), dal momento che la maggior parte dei disturbi insorge in età di sviluppo, incrementando il rischio di esiti negativi in età adulta (http://wtgrantfoundation.org/library/uploads/2015/09/Disparities-in-Child-and-Adolescent-Mental Health.pdf; Schiavo, 2015).
Investire nella salute mentale, nella ricerca e nella specializzazione delle cure e del supporto che uno psicologo può offrire alla società è l’unica vera arma che abbiamo per validare e riconoscere il concetto di “well- being” (ben-essere) come un diritto inalienabile, interrompendo la spirale di banalizzazione che, nonostante l’istituzione della legge 56/89 in Italia e la progressione della cultura scientifica mondiale, continua ad aleggiare attorno a questi temi. La cultura in ambito psicologico deve essere adeguatamente supportata da politiche ed interventi, tesi ad un miglioramento della qualità della vita.
Politiche di care
Bisogna dunque organizzare le azioni di supporto alla famiglia considerando che essa è immersa in una rete ed interagisce con altri sistemi come ad esempio la scuola, il luogo di lavoro, la comunità, la sanità; bisogna inoltre promuovere azioni di comunicazione sia in ambito familiare oltre che comunitario, volte a supportare gli attori sociali e i genitori nella comprensione di bisogni e informazioni riguardanti i cambiamenti vissuti da bambini e adolescenti.
E’ necessario adottare atteggiamenti che non incoraggino la stigmatizzazione verso i problemi di salute mentale; promuovere interventi di comunicazione clinica, formazione e ricerca potrebbe contribuire a delineare meglio le best practices, condividendole, per affrontare pregiudizi e disuguaglianze sociali. Pediatri e medici di famiglia potrebbero essere delle figure chiave nel gettare luce sul rapporto sussistente tra pandemia e salute mentale pediatrica; allo stesso modo è importante tenere in considerazione il supporto psicosociale: questo approccio ecologico dunque è tarato anche per contribuire alla qualità complessiva delle cure che riceve la popolazione pediatrica e ai loro esiti a breve e lungo termine.
Le politiche preposte inoltre dovrebbero identificare i fattori ostacolanti che non consentono ai genitori di contribuire al meglio al benessere dei figli durante la pandemia e che incrementano lo stress (Schiavo, 2020): ad esempio dovrebbero essere implementati gli investimenti per le famiglie a basso reddito o vulnerabili, si dovrebbe lavorare ad un accesso maggiore ai servizi di assistenza sanitaria, a prestazione assistenziali come, ad esempio, congedi retribuiti e benefits per genitori lavoratori, con investimenti maggiori nelle politiche di intervento per la salute mentale di bambini e adolescenti all’interno della comunità (Schiavo, 2020).
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Autore dell’articolo*: Chiara Spadafora, Dottoressa in Psicologia all’Università LUMSA di Roma e psicologa in formazione cognitivo comportamentale.
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Nota della redazione del Think Tank Trinità dei Monti
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