La crisi umanitaria lungo la rotta balcanica

di Young Think Tanker - 28 Febbraio 2021

  from Rome, Italy

DOI10.48256/TDM2012_00174

All’origine del fenomeno migratorio

Le migrazioni internazionali sono da sempre un elemento caratterizzante la vita dell’essere umano e le diverse civiltà presenti nel territorio mondiale. Fattori push (di allontanamento) e pull (di attrazione) contribuiscono in vario modo allo spostamento di persone: così facendo il tessuto sociale si modifica e si arricchisce allo stesso tempo. Tuttavia il processo migratorio incontra notevoli difficoltà.

La Bosnia-Erzegovina si trova a combattere oggi su un duplice fronte sia l’emergenza sanitaria da Covid-19, sia una grave emergenza umanitaria.

La rotta balcanica rappresenta già dagli anni ‘90 la principale porta di accesso ai paesi del centro Europa. Essa rappresenta un corridoio umanitario che ha consentito a migliaia di persone di spostarsi da diversi territori del Mediterraneo orientale e del Medio Oriente. Il monitoraggio costante del territorio ha di fatto permesso la creazione di diversi campi e rifugi in grado di accogliere un numero sempre crescente di migranti, soprattutto persone che scappavano dagli orrori della guerra siriana e sognavano di raggiungere la libertà in Europa. 

Il 2015 ha visto l’incontro dell’allora presidente della Commissione Europea, Juncker, con i delegati di UNHCR e Frontex e i leader dei diversi paesi balcanici: il fine era ridiscutere la gestione della rotta migratoria e creare un sistema di diversi hub nei singoli paesi.
A seguito di questo accordo sono sorti lungo questi percorsi numerosi campi profughi, strutture che distribuivano cibo, vestiti, beni di prima necessità e aiuti medici: sia l’attività delle ONG sia la mobilitazione della società civile si è rivelata pertanto un prezioso supporto.

Nonostante tutto però, da marzo 2016 si materializza de facto la chiusura delle frontiere: il lungo percorso che poteva essere considerato legale e “sicuro” viene effettivamente interrotto e ostacolato. Ma cosa ha portato a questa interruzione? 

Gli eventi in Grecia:

All’origine del fatto bisogna fare dei passi indietro, ricordando l’accordo stretto tra Bruxelles e Ankara allo scopo ufficiale di eliminare i traffici illegali e ridurre le irregolarità dei percorsi nel raggiungimento del territorio europeo: con tale accordo sarebbero state garantite le norme internazionali, il mantenimento delle domande di asilo, così come il rispetto del principio di non refoulement.

Cosa è successo in prima istanza? A partire dal 2016 di fatto la Turchia è diventata l’attore incaricato degli effettivi controlli alle frontiere esterne, agendo con particolare veemenza soprattutto verso la Grecia, crocevia tra Europa e Medioriente. Gli arrivi dal territorio ellenico sono stati progressivamente ridotti per poi giungere ad una totale chiusura. Di conseguenza si è assistito ad un aumento di ingressi di migranti soprattutto provenienti da Siria, Pakistan, Afghanistan, Iraq: secondo i report di UNHCR circa 2000 erano minori non accompagnati o separati dalle proprie famiglie. Un numero che anno dopo anno è cresciuto, rendendo la Grecia il primo territorio in Europa con il maggior numero di migranti e richiedenti asilo.

A Lesbo (in Grecia), le autorità hanno istituito degli hotspot, centri di accoglienza che tuttavia hanno continuato a mettere in difficoltà la vita dei rifugiati. Grave sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie  minime, maltrattamenti, aumento dei suicidi: sono solo alcune delle prove che le ONG e i giornalisti hanno maggiormente posto all’attenzione internazionale, scatenando sdegno e incredulità. Gli hotspot erano usati prevalentemente con funzione di centri detentivi momentanei, accogliendo i migranti in attesa di risposta per le richieste d’asilo effettuate. Il risultato si è tradotto nel ritardo dell’evasione delle stesse e nel divieto di spostarsi sul territorio della Grecia continentale. L’incendio del campo profughi di Lesbo, avvenuto a settembre del 2020, è solo un ulteriore esempio dell’inferno a cui sono stati sottoposti i richiedenti asilo.

Qual è la situazione attuale in Bosnia?

Parallelamente a un aumento di ingressi in Grecia, si è verificato un incremento dei numeri anche in altri paesi dei Balcani, specialmente in Bosnia-Erzegovina. Questo territorio risulta strategico nell’attraversamento da est verso il centro europeo, consentendo di raggiungere la Slovenia, entrare in Italia e poi procedere verso nord.

Le decisioni politiche adottate dalla Bosnia si sono sempre dimostrate contrarie ad ogni tipo di accoglienza dei migranti, condizionando anche le modalità di ingresso. Proprio nei campi bosniaci, soprattutto in quello di Vučjak, si sono verificati rastrellamenti, deportazioni, violenze da parte delle autorità militari locali e gruppi paramilitari. Al contrario, è solo grazie all’azione congiunta di organizzazioni internazionali e ONG che sono sorti campi di accoglienza e si sono diffuse forme di aiuto e supporto.

Il campo di Lipa inizialmente sorse per far fronte al sovraffollamento ma di fatto non fu mai riconosciuto dalle autorità governative bosniache: a dicembre 2020 è stato oggetto di un incendio massiccio, che ha distrutto le tende mettendo maggiormente in pericolo la vita dei rifugiati stessi. L’IOM, organizzazione internazionale per le migrazioni, ha posto l’attenzione sulla sorte delle migliaia di migranti: moltissimi bambini e donne ora si trovano a fronteggiare la sfida migratoria senza acqua, cibo, riscaldamento, indumenti adatti per l’inverno. Le tende sono sovraffollate, le persone vivono e soffrono costantemente temperature sempre più rigide, mancano i servizi igienici. Molti migranti riportano lesioni e fratture. I trafficanti continuano ad approfittarsi delle speranze dei richiedenti asilo, abbandonandoli ai confini dei vari paesi balcanici e lasciandoli nelle mani delle forze di polizia. E’ una crisi umanitaria.

Crisi umanitaria e diritti umani violati:

Amnesty International mette in luce le gravissime violazioni perpetrate da parte di autorità governative sia nei campi profughi sia ai confini tra i vari paesi. Si parla di respingimenti, forme di tortura, sia fisica che psichica e restrizioni arbitrarie. Gli agenti locali hanno utilizzato armi per respingere i migranti, per intimidire o attaccarli. Si tratta dunque di forme di push-back fortemente aggressive che violano le norme del diritto internazionale umanitario costituendo una forma di trattamento inumano e degradante.

I respingimenti vengono utilizzati come pratiche allo scopo di allontanare in un altro paese i richiedenti asilo: si rivolgono  sia a coloro che non hanno ottenuto il permesso necessario all’ingresso sia a coloro che una volta entrati nel paese, vengono rimandati indietro. Gli Stati, nonostante abbiano il dovere di rispettare la propria sovranità, devono tuttavia tenere conto delle norme di diritto internazionale e di protezione dei diritti umani. E’ necessario e fondamentale rispettare il principio di non refoulement, uno dei pilastri del diritto internazionale, nonché norma inderogabile di ius cogens. Tale principio si traduce infatti nell’obbligo da parte dello Stato, di non respingere il richiedente asilo verso un luogo dove si teme che la sua stessa vita o la sua libertà possano essere messi in pericolo (Conforti, 2018).

In più gli stati membri dell’Unione Europea sono tenuti al rispetto del divieto di tortura o di pene e trattamenti inumani e degradanti sancito sia dall’art. 3 della Convenzione europea, sia precedentemente dall’art. 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani.  Proprio la Convenzione europea dei diritti umani afferma che l’espulsione o il respingimento verso un paese che viola i diritti umani deve essere sostituito: si prevedrebbero eventualmente altre misure di sicurezza adottate nell’ottica di protezione della vita e dei diritti dello straniero richiedente asilo (Zagrebelsky, 2016).

Collaborare per correggere gli errori:

Secondo quanto riportato sempre da Amnesty International, il ministero degli interni croato ha negato le accuse, di fatto nascondendo le proprie responsabilità in questa tragedia. Tuttavia le testimonianze verbali e le immagini raccolte dalle diverse ONG in loco, dimostrano l’illiceità dei comportamenti adottati.

La Commissione Europea ha pertanto stanziato ulteriori fondi: si parla di 3,5 milioni di euro per  da spendere per coperte cibo, fornitura di servizi elettrici. Proprio l’Alto Rappresentante Borrell ha ribadito la necessità di mettere in atto, da parte dello stato bosniaco, una maggiore collaborazione e cooperazione: le autorità governative devono trovare strutture adeguate e garantire le condizioni di vita dignitosi per ogni essere umano.

Il governo locale deve dunque fornire soluzioni a lungo termine per quanto riguarda il processo migratorio: i migranti, già provati dalle sofferenze della vita, non devono essere ulteriormente feriti nel corpo e nell’anima. Si ritiene dunque necessaria una maggiore collaborazione e apertura.

Da parte dell’Unione Europea, è fondamentale adottare una politica comune e condivisa che condanni fermamente le violazioni dei diritti umani, trovando un compromesso tra una maggiore legalizzazione dei corridoi umanitari e il rispetto delle norme interne dei singoli stati. Il piano d’azione sui diritti umani (2020-2024) sottolinea l’impegno preso da parte dell’Unione Europea nell’adottare misure efficaci e strumenti normativi ed economici. Risulta necessario mitigare le violazioni in atto e modificare i comportamenti e l’approccio degli attori riguardo ai processi migratori, ripensando anche il sistema di Dublino.

Il regime di sanzioni portato avanti dall’Unione nei confronti di chi non è rispettoso dei diritti umani, rappresenta uno strumento accessorio. Esso si configura come un provvedimento più “materiale” che possa trasmettere un impegno maggiore per la tutela e la protezione dei diritti fondamentali.

Bibliografia

Amnesty International, Violenze e torture della polizia su migranti e richiedenti asilo in Croazia, 2020, Disponibile su https://www.amnesty.it/violenze-e-torture-della-polizia-su-migranti-e-richiedenti-asilo-in-croazia/ 

Astuti M., Bove C., Brambilla A., Clementi A., Facchini D., Giordani C., Maraone S., Pignocchi P., Saccora D., Stojanova I., La Rotta Balcanica: i migranti senza diritti nel cuore dell’Europa, Disponibile su https://www.meltingpot.org/IMG/pdf/la-rotta-balcanica-rivolti_ai_balcani.pdf 

Camilli A., La rotta balcanica non è mai stata chiusa, 2017, Disponibile su https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/01/12/rotta-balcanica-migranti-neve-belgrado 

Cesareo V., La sfida delle migrazioni, Vita e Pensiero, 2015.

Conforti B., Diritto Internazionale, Editoriale Scientifica, 2014.

Consiglio Europeo, Regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani: dichiarazioni dell’alto rappresentante a nome dell’Unione Europea, 2020, Disponibile su https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/12/08/eu-global-human-rights-sanctions-regime-declaration-by-the-high-representative-on-behalf-of-the-european-union/

Fruscione G., Migrazioni: se riapre la rotta balcanica, 2020, Disponibile su https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-se-riapre-la-rotta-balcanica-25347 

IOM, Thousands of migrants forced to sleep rough after closure, destruction of Bosnia camp, 2020, Disponibile su https://www.iom.int/news/thousands-migrants-forced-sleep-rough-after-closure-destruction-bosnia-camp 

Karakoulaki M., La situazione sulle isole greche mette in luce il fallimento delle politiche migratorie dell’Unione Europea, 24 settembre 2019, Disponibile su https://openmigration.org/analisi/la-situazione-sulle-isole-greche-mette-in-luce-il-fallimento-delle-politiche-migratorie-dellunione-europea/

Rappresentanza UE in Italia,  Bosnia-Erzegovina: l’UE stanzia altri 3,5 milioni di euro per aiutare migranti e rifugiati in condizioni di vulnerabilità, 2021, Disponibile su https://ec.europa.eu/italy/news/20210103_Bosnia_Erzegovina_aiuti_umanitari_it 

Rappresentanza UE in Italia, Crisi dei migranti: accordo UE-Turchia, 21-03-2016, Disponibile su  https://ec.europa.eu/italy/node/1184_it 

UNHCR, Operation: Greece in Report: Global Focus, 2016 https://reporting.unhcr.org/sites/default/files/pdfsummaries/GR2016-Greece-eng.pdf 

Zagrebelsky V., Chenal R., Tomasi L., Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Il Mulino, 2016.

 

 

Autore dell’articolo*: Alessandra Spadafora, Dottoressa in Relazioni Internazionali presso l’Università LUMSA di Roma.

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