Leader politici e contesto pandemico: come mutano percezioni e gradimento nei confronti di chi ci governa

di Antonio Bompani - 31 Ottobre 2020

  Roma, Italia

   DOI : 10.48256/TDM2012_00142

Introduzione

John Mueller, scienziato politico statunitense, teorizzò in una sua pubblicazione del 1970 – “Presidential Popularity from Truman to Johnson” – l’espressione “rally ‘round the flag effect” (letteralmente, l’effetto dello stringersi attorno alla bandiera). Il concetto fu introdotto ed utilizzato per illustrare il sostanziale aumento del gradimento dei cittadini americani nei confronti dei presidenti degli Stati Uniti nel corso di molteplici periodi di crisi internazionali (un esempio su tutti: la crisi dei missili cubani del 1962 e la conseguente impennata di consensi a favore di John Fitzgerald Kennedy). Sebbene in maniera e forme differenti, tale fenomeno, per quel che riguarda in primo luogo i principali leader europei, si può avvertire anche oggi, di fronte all’inquietudine generata dalla diffusione del Covid-19.

Come sottolinea l’Economist con la crisi causata dal Coronavirus è notevolmente cresciuto l’apprezzamento verso Capi di Stato e di governo in Italia, Germania e Francia, in particolare in una prima fase. Ciò è avvenuto, seppur in maniera ridotta e parziale, anche nel Regno Unito e negli stessi Stati Uniti.Ma per quale motivo accade ciò? Perché le rilevazioni e gli indicatori di favore nei confronti dei capi di Stato e di governo dei più rilevanti Paesi internazionali hanno registrato un netto balzo in avanti, soprattutto nei mesi immediatamente successivi all’esplosione della pandemia?

Quadro generale, uno sguardo sull’Europa e nel mondo 

L’interpretazione più semplice suggerisce che l’incremento di fiducia nei confronti dei propri leader di riferimento sia dettata dal fatto che essi incarnano e personificano l’unione della Nazione nelle difficoltà. Inoltre, quando si sentono intimoriti e in pericolo, in molteplici casi i cittadini tendono ad inseguire un rifugio in personalità autorevoli.Il fenomeno è apparso piuttosto evidente, come detto, in un periodo di poco seguente alla diffusione del virus. Le indagini demoscopiche aiutano a farsi un’idea più chiara della questione. Per quel che concerne gli Stati europei, partiamo dalla Francia: un’analisi media su sette barometri politici riporta come il gradimento verso il Presidente Macron sia aumentato di circa 7 punti percentuali tra fine febbraio e marzo, raggiungendo il 38% (cifra che il leader di En Marche non toccava da quasi due anni).

Ancora, In Germania è cresciuta in maniera netta l’approvazione nei confronti di Angela Merkel: la Cancelliera tedesca, infatti, secondo una ricerca dell’istituto di osservazione elettorale Forschungsgruppe Wahlen, ha ottenuto un incremento di fiducia di 11 punti nel solo mese di marzo. Anche in Paesi come Regno Unito e Stati Uniti, sebbene limitatamente a una prima fase, è avvenuto lo stesso. Boris Johnson, secondo un sondaggio di Ipsos Mori svoltosi nella metà di marzo, ha registrato un +5 punti percentuali di consenso rispetto a febbraio. Dinamica simile per l’inquilino della Casa Bianca Donald Trump, per il quale FiveThirtyEight ha stimato un indice di gradimento in crescita tra marzo e aprile, toccando l’apice del 45,8%, livello che il tycoon americano non raggiungeva dal gennaio 2017, poco dopo la sua elezione.  

Rally ‘round the flag effect, sostegno duraturo o fuoco di paglia?

Se nei Paesi europei continentali ancora oggi, dopo mesi immersi nella lotta alla piaga Covid, il sostegno rimane pressoché stabile e confermato, proprio in UK e negli USA gli equilibri si sono ribaltati: Johnson è dietro Keir Starmer nei sondaggi svolti in agosto (non accadeva dal 2017 che il premier favorito dai britannici non fosse quello in carica); Trump, che non è mai cresciuto quanto la stragrande maggioranza dei suoi omonimi internazionali, paga una cattiva gestione della crisi sanitaria, la quale gli ha inflitto una perdita di punti a cominciare già da metà aprile/inizio maggio, e che oggi (assieme ad altri vari fattori) lo vede rincorrere Joe Biden nella corsa alle presidenziali. 

https://www.economist.com/graphic-detail/2020/04/15/americans-are-not-rallying-around-donald-trump-during-the-pandemic

https://www.vox.com/2020/4/30/21231217/trump-cuomo-whitmer-coronavirus-covid-19-approval-rating-polls-world-leaders-governors

 

Almeno negli States, dove la teoria è nata e prosperata, alcuni presidenti sono riusciti a mantenere gli alti livelli raggiunti per lunghi periodi: poco dopo l’11 settembre 2001, George W. Bush toccò addirittura un incredibile 90% negli indici di consenso e oltre un anno più tardi il suo gradimento, seppur ridimensionatosi, rimaneva più alto del periodo precedente agli attacchi. Analizzando  la questione, è comunque necessario puntualizzare che si tratta di correlazioni lontanissime dalla causalità. Tuttavia, è innegabile che si tratti di un fenomeno, nonostante le variegate sfumature, che esiste e che possiede un filo conduttore generale. 

https://www.economist.com/graphic-detail/2020/04/15/americans-are-not-rallying-around-donald-trump-during-the-pandemic

https://en.wikipedia.org/wiki/Rally_%27round_the_flag_effect

Il caso italiano

Passando al Bel Paese, si può notare come Giuseppe Conte sia il leader che ha più rappresentato tale trend.  Nei sondaggi per La Repubblica e il Corriere della Sera, condotti da Demos e Ipsos, il consenso per il premier è cresciuto di 19 e 13 punti percentuali. I dati si riferiscono al mese di marzo, costruendo un indice di soddisfazione del 71% per il primo istituto (picco di consensi per un capo di governo italiano negli ultimi dieci anni) e del 61% per il secondo. Conte è divenuto un punto di riferimento, attraverso le sue ormai note conferenze stampa.

E’ avvenuto anche un adattamento della comunicazione politica alla pandemia, nella ricerca di una connessione emotiva con i propri cittadini. Inoltre, l’ondata di consenso verso i leader ha coinvolto i vari livelli di amministrazione e gestione, non limitandosi al solo governo centrale. Oltre a coinvolgere, in generale, esecutivi e maggioranze, i singoli interpreti sono stati esaltati da tale attaccamento. Restando in Italia, si pensi all’appoggio di cui ha goduto il Ministro della materia più toccata dalla congiuntura Covid-19, Roberto Speranza. Il Ministro della Salute è infatti, secondo una serie di sondaggi realizzati a settembre da Nando Pagnoncelli, addirittura il politico italiano più amato, con un tasso di gradimento pari al 39%. 

Spostando lo sguardo verso i localismi regionali, si osserva come leader locali quali Zaia e De Luca abbiano beneficiato, e di molto, del trend diffuso. Nella roccaforte veneta Zaia ha aumentato la sua popolarità, e alle elezioni regionali di settembre la lista del Governatore ha preso persino più voti della Lega. De Luca, che ha trionfato in Campania nel vortice della fama da superstar acquisita nei mesi di pandemia, veniva dato a febbraio, quindi ancora senza virus e con le elezioni programmate per maggio, addirittura per sfavorito.

Un effetto non è per sempre: rischi successivi e pericolo rimbalzi 

In questo momento storico le opposizioni, scagliandosi contro gli esecutivi, rischiano di apparire agli occhi dei cittadini come opportuniste e demagogiche. In un certo senso, la controindicazione di fare opposizione oggi è quella di sembrare contrari agli interessi nazionali, criticando strumentalmente i complicati operati governativi. Una politica meno polarizzata e polemica è, non a caso, tipica dei rally ‘round the flag effects. Anche qui, però, ci troviamo dinnanzi ad uno scenario più che mai mutevole: quando l’emergenza sanitaria lascerà il posto alla recessione economica e alle inevitabili conseguenze sociali, anche la misura e i termini del dibattito politico cambieranno.

In un’intervista al The Guardian, Catherine Fieschi, direttrice del Global Policy Institute della Queen Mary University di Londra, afferma come in tali condizioni potrebbe verificarsi una recrudescenza dei populismi. In un contesto caratterizzato da alta disoccupazione, esacerbazione delle disuguaglianze e conflitti sociali sempre più nutriti, è facile prevedere un notevole abbassamento degli indici di gradimento dei leader nazionali. L’effetto rally ‘round the flag (storicamente, non a caso, di durata più o meno breve) non basterà più, la crisi globale si toccherà con mano, con una possibile ricerca di “uomini forti” e nuovi ai quali consegnare le chiavi dei Paesi. 

La speranza è che il portato della pandemia vada nel percorso opposto, ossia che aiuti nel difficile cammino della rivalutazione delle competenze. Premiando preparazione e capacità tecnico-gestionali, abbandonando i richiami superficiali di politici “semplificatori”, cavalcatori delle istanze più approssimative di noi cittadini, torneremo a considerare nuovamente la politica per quel che è: una cosa seria. 

 

Bibliografia

Mueller E. J., 1970. Presidential Popularity from Truman to Johnson, The American Political Science Review Vol. 64, Cambridge University Press. Disponibile online su: https://www.jstor.org/stable/1955610?seq=1

 

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Autore dell’articolo* Antonio Bompani, Studente del Master in Marketing Management presso l’Università Bocconi, Milano, Italia. 

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