Elezioni Americane 2020: Risultati e Alcuni Possibili Sviluppi

di Manfredi Pozzoli - 30 Novembre 2020

  from London, United Kingdom

   DOI: 10.48256/TDM2012_00159

Dopo mesi di campagna elettorale si sono finalmente concluse le elezioni Americane del 2020. Con un vantaggio di 6 milioni di voti, Joe Biden è stato eletto 46esimo presidente degli Stati Uniti. Il suo avversario, Donald Trump, è invece divenuto l’undicesimo presidente nella storia degli USA a non essere rieletto per un secondo mandato. Tenutesi alla fine di una campagna elettorale senza precedenti, le elezioni del 3 novembre non hanno avuto lo stesso esito inaspettato di quelle del 2016. Infatti, le previsioni dei sondaggi – che confermavano un forte distacco tra i due candidati – si sono sostanzialmente avverate. In tutto, Biden dovrebbe aver ottenuto 306 voti del collegio elettorale, ponendosi così ampiamente sopra ai 270 necessari per vincere.

Nonostante questo, tuttavia, le elezioni non si sono svolte senza controversie. Già a partire dalla notte del 3 novembre, infatti, Trump ha iniziato ad avanzare accuse di frode ai danni dei suoi avversari. Secondo il presidente, i rallentamenti nel conteggio dei voti (che è durato più di una settimana) proverebbero l’irregolarità del processo. Per questo motivo, Trump ha già promesso di voler mettere in discussione i risultati in tribunale, arrivando potenzialmente fino alla Corte Suprema.

Anche se la storia di queste elezioni non è forse ancora finita, si possono già registrare alcuni cambiamenti, forse cruciali per il futuro degli USA. In particolare, è evidente come, nonostante la vittoria nella corsa per la Casa Bianca, il Partito Democratico non sia in una posizione ideale. I Democratici infatti non sono riusciti a ottenere alcuni dei risultati ai quali puntavano. Inoltre, alcune tendenze negli exit polls si sono rivelate preoccupanti per il partito. Allo stesso modo i Repubblicani si trovano di fronte ad una possibile crisi interna senza precedenti, che potrebbe cambiare drasticamente il volto del GOP (Grand Old Party).

 

Sondaggi, Lettere e Conteggi: La Storia della Vittoria di Biden

Come previsto dai sondaggi, le prime ore del conteggio dei voti hanno visto il Partito Repubblicano guadagnare terreno sui Democratici. Questo fenomeno è dipeso dalle differenze nelle modalità di voto adottate dagli elettori dei due partiti. Già da ottobre, infatti, si ipotizzava che la maggior parte degli elettori Repubblicani (il 51% secondo il Pew Research Centre) avrebbe optato per votare direttamente ai seggi. Al contrario, la maggioranza dei Democratici avrebbe preferito il voto via posta. Dato che numerosi stati iniziano a contare i voti effettuati di persona per primi, gli exit polls iniziali indicavano, come previsto, un iniziale vantaggio per il Presidente. Forte di questo risultato, Trump ha fin da subito mostrato intenzione di dichiarare vittoria. Infatti, a poche ore dalla chiusura dei seggi ha dichiarato, in un discorso alla Casa Bianca, di aver “già vinto” le elezioni.

L’iniziale vantaggio Repubblicano si è, tuttavia, rovesciato completamente nei giorni a seguire. Gradualmente, infatti, il conteggio dei voti via posta ha visto il Partito Democratico passare in testa nella maggior parte degli swing states più importanti. Tra giovedì e venerdì, Biden è stato dichiarato vincitore in Minnesota, Wisconsin e Michigan. Questi stati, dal valore complessivo di 36 voti del collegio elettorale, rappresentano il cuore della Rust Belt – il vecchio centro industriale degli USA. A seguire, Biden si è assicurato il controllo della Pennsylvania – suo stato d’origine che, nel 2016, aveva votato per Trump – e la Georgia. Proprio quest’ultima vittoria è particolarmente significativa: lo stato della Georgia, infatti, non votava per i Democratici dal 1992. Nonostante il conteggio si sia protratto ulteriormente, la “conquista” di questi stati chiave è stata sufficiente ad assicurare la vittoria finale di Biden.

 

La Storia Non È Finita: Trump Contesta i Risultati

Come detto prima, già dalla notte del 3 novembre Trump ha annunciato di aver vinto. Nei giorni seguenti, con il progressivo scomparire del suo vantaggio, il Presidente ha iniziato a sostenere come le elezioni fossero state “rubate” dai Democratici. Il 4 novembre, Trump ha pubblicato un post su twitter che affermava come migliaia di voti falsi o “inviati dopo la chiusura delle urne” stessero inondando i seggi. Nei giorni seguenti, ha più volte dichiarato che i Democratici avessero utilizzato degli “illegal votes” per falsare i risultati.

Oltre a questi attacchi verbali, Trump si è anche mosso per vie legali. Nei giorni successivi al 3 novembre, la campagna del Presidente ha iniziato azioni legali nella maggior parte degli swing states vinti da Biden. Secondo il GOP, tali azioni sarebbero giustificate a causa di presunte irregolarità nello scrutinio e conteggio dei voti. In stati come il Wisconsin, che Biden ha vinto con un margine molto sottile, il Presidente ha richiesto un secondo conteggio dei voti.

Nella maggior parte dei casi, questi tentativi si sono rivelati infruttuosi. Come riporta CNBC, molti dei ricorsi, in stati come il Michigan, la Pennsylvania e l’Arizona, sono stati rifiutati dalle corti statali. Nonostante questo, tuttavia, Trump ha anche ottenuto alcune vittorie. In Pennsylvania, il Presidente ha vinto una battaglia legale riguardante le tempistiche legate ai voti per posta. Un giudice statale ha infatti dichiarato nulla la precedente decisione del Segretario di Stato di estendere la deadline per la convalidazione dei documenti elettorali. Conseguentemente, le schede convalidate dopo il 9 novembre verranno ritenute nulle. In ogni caso, è difficile che questa vittoria possa, da sola, cambiare il corso delle elezioni. Infatti, anche qualora Trump fosse dichiarato vincitore in Pennsylvania – cosa al momento improbabile – non avrebbe comunque i 270 voti del collegio elettorale necessari alla rielezione.

 

La Vittoria Vista dai Democratici

Dal punto di vista del Partito Democratico, la vittoria di Biden è stata assolutamente cruciale. In primo luogo, essa ha risolto il vuoto di leadership che si era creato all’interno del partito al termine dell’amministrazione Obama. Oltre a “vendicare” il disastro del 2016, Biden ha infatti dimostrato come i Democratici siano in grado di rispondere alla sfida populista. Anche dal punto di vista interno al partito, i risultati elettorali hanno rafforzato la posizione dell’ala moderata rispetto a quella più di sinistra. Potenzialmente, infatti, una seconda vittoria di Trump avrebbe potuto allargare ulteriormente le fratture interne, favorendo la posizione dei Democratici “radicali”, come Sanders e Warren. 

In secondo luogo, la vittoria di Biden offre ai Dem la possibilità di salvaguardare alcune policy chiave che, in passato, Trump ha cercato di smantellare. Tra queste, la più importante è l’Affordable Care Act. Più nota come Obamacare, è una riforma del sistema sanitario mirata a ridurre il numero di cittadini privi di assicurazione. Più in generale, i Democratici vedono la futura amministrazione come un possibile “ritorno alla normalità” in fatto di politica domestica ed estera. Da parte sua, Biden ha rafforzato queste convinzioni, dichiarando, ad esempio, di voler riportare gli USA all’interno del Trattato sul Clima di Parigi.

Infine, i Democratici vedono il controllo dell’esecutivo come possibile contrappeso alla Corte Suprema. In particolare, la necessità di vincere la Casa Bianca è diventata essenziale dopo la recente nomina, ad ottobre, di Amy Coney Barrett. Essa, infatti, ha aumentato la maggioranza dei giudici “conservatori”, minacciando potenzialmente alcune sentenze chiave, come quella del 1973 – denominata Roe v. Wade – sulla legalità dell’aborto.

 

Una Vittoria di Pirro?

Nonostante la vittoria di Biden, tuttavia, le elezioni non sono state completamente favorevoli ai Democratici. Infatti, essi non sono riusciti a ottenere alcuni risultati quasi altrettanto importanti. In primo luogo, al Senato, i Dem hanno deluso le aspettative. Infatti, i loro candidati hanno conquistato solo due seggi, perdendone uno a loro volta. Anche se due seggi chiave della Georgia – che verranno assegnati al ballottaggio di gennaio – restano ancora “aperti”, vincere entrambi sarà molto difficile. Pertanto, sembra abbastanza improbabile che i Democratici riescano a conquistare la maggioranza. Allo stesso modo, anche le elezioni per la Camera hanno avuto un esito sfavorevole. Anche in questo caso, i candidati Dem hanno ottenuto dei risultati inferiori a quelli previsti dai sondaggi, perdendo in tutto 5 seggi. Nonostante conservino ancora la loro maggioranza, queste sconfitte hanno esposto delle serie debolezze del partito a livello regionale.

Infine, si sono rivelate preoccupanti anche le tendenze di voto di alcune fasce chiave della base elettorale Democratica. Secondo gli exit polls, rispetto al 2016, Trump avrebbe aumentato il suo supporto tra gli afroamericani –passando dall’8% al 12%. Tra gli elettori di origine asiatica, invece, l’aumento sarebbe stato di 2 punti. Trump, infine, avrebbe ottenuto più del 30% del voto della comunità ispanica – un miglioramento di 4 punti rispetto al 2016. Questo risultato è stato particolarmente cruciale nel garantire al Presidente la vittoria in alcuni swing states meridionali, come la Florida. I dati relativi agli ispanici sono sicuramente quelli più preoccupanti per i Dem, che considerano questo gruppo essenziale. In effetti, vari esponenti del partito hanno da subito portato attenzione a queste ultime tendenze. Tra questi, Alexandria Ocasio-Cortez, parlamentare di spicco dell’ala “radicale”, ha affermato come tali risultati dimostrino come i Democratici abbiano praticamente abbandonato parte del loro elettorato.

 

Un Disastro per il Grand Old Party

Se, per i Democratici, le elezioni si sono concluse con una vittoria – anche se parziale – per i Repubblicani esse sono state quasi del tutto disastrose. In primo luogo, il GOP non è stato in grado di mantenere il controllo negli swing states che aveva vinto nel 2016. Nonostante la vittoria in Florida, Trump è stato sconfitto in Pennsylvania, Arizona, Wisconsin e Michigan. A peggiorare la situazione, Biden ha trionfato anche in Georgia, uno stato tradizionalmente “rosso”. Inoltre, i Democratici hanno ottenuto ottimi risultati in altri stati – incluso la roccaforte del Texas – senza tuttavia trionfare. Questi risultati dovranno sicuramente essere presi in considerazione nei prossimi anni, soprattutto in vista delle elezioni midterm del 2022.

Le elezioni avranno anche un forte impatto sulla leadership del Partito Repubblicano. Negli ultimi 4 anni, infatti, Trump si è di fatto imposto come unica vera guida del GOP. Presentatosi come un outsider, il Presidente è riuscito a cambiare quasi totalmente il volto del partito. Grazie al suo stile populista, e ai suoi frequenti scontri con l’establishment neoconservatore, Trump ha reso impossibile un ritorno ai tempi dell’amministrazione Bush. Inoltre, a causa del suo approccio personalistico alla guida del partito, il Presidente ha spesso offuscato gli altri leader del GOP. Per questi motivi, qualora Trump non si ricandidasse, i Repubblicani potrebbero avere forti difficoltà a trovare un candidato altrettanto carismatico per il 2024.

Infine, è anche possibile che le prossime settimane possano già vedere una frattura all’interno del partito. Con Trump che sembra determinato a continuare a combattere una battaglia legale quasi sicuramente impossibile, i Repubblicani si troveranno infatti costretti a una scelta. Da una parte, supportare Trump potrebbe danneggiare la loro posizione con le fasce di elettorato più moderate – che Biden vuole aggraziarsi. Dall’altra, “abbandonarlo” potrebbe creare una risposta negativa dalla maggioranza degli elettori più “fedeli”.

 

Un Futuro Complesso

I risultati delle elezioni presidenziali Statunitensi non sono stati, di per sé, sorprendenti. Come previsto dai sondaggi, Biden è stato scelto come 46esimo presidente. Allo stesso tempo, tuttavia, esse sono state caratterizzate da forti complessità. Il fallimento del tentativo Democratico di conquistare il Senato complicherà sicuramente i primi due anni dell’amministrazione Biden. Inoltre, le tensioni tra i Dem moderati e radicali non sono state ancora risolte, nonostante al momento i primi sembrino aver vinto. Per queste ragioni, sembra già chiaro che il futuro di Biden alla Casa Bianca sarà complicato.

Infine, anche il futuro degli sconfitti appare piuttosto incerto. Avendo perso la Presidenza – e rischiando il Senato nel 2022 – i Repubblicani si trovano in una situazione delicata. Nei prossimi mesi sarà per loro essenziale in primo luogo  cercare di ridefinire la posizione di Trump all’interno del GOP. Una possibile uscita di scena del Presidente, infatti, lascerebbe il GOP senza un vero leader. In uno scenario simile, potrebbe essere difficile per i Repubblicani dell’establishment guadagnare nuovamente il supporto dei propri elettori.

 

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Autore dell’articolo*: Manfredi Pozzoli, studente di BA in History & International Relations presso King’s College London.

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