Il dopoguerra…nel 2019

di AA.VV. - Autori vari - 29 Maggio 2019

from Rome, Italy

   DOI: 10.48256/TDM2012_00041

Per poter ricostruire, dobbiamo avere la capacità di scorgere le macerie che sono intorno a noi”

29 maggio 2019. È la data che rappresenta uno spartiacque, il momento giusto per iniziare a pensare ad un nuovo percorso verso la ricostruzione dell’Italia. Questa riflessione non nasce dall’esito delle recenti elezioni – è infatti indipendente dal risultato delle urne che risponde giustamente ad un processo democratico di consultazione della popolazione italiana – ma da una profonda riflessione iniziata anni fa, che riguarda la società italiana nella sua essenza.

– Una società che non riesce a spostare il suo orizzonte oltre il breve termine, che spesso fatica addirittura a convivere con il quotidiano…

– Una società che deve riscoprire la sua capacità di guardare ad un orizzonte di lungo termine – che concili equilibrio e prosperità.

– Una società che rimetta al centro la sua vocazione per la conoscenza e per la cultura.

– Una società che sia da garante di un patto intergenerazionale tra chi vive oggi e chi verrà.

– Una società che si ferma alle apparenze e che non ha più la capacità di andare a fondo nelle questioni, che manca tanto di capacità critica a monte quanto di volontà di implementazione a valle.

Ma perché parlare di “dopoguerra… nel 2019”?

Proviamo ad immaginare i giorni e i mesi successivi all’annuncio della fine della Seconda guerra mondiale, il paragone forse può sembrare un po’ azzardato, ma è calzante. La situazione italiana all’indomani del conflitto era gravissima, i bombardamenti avevano causato la distruzione del patrimonio edilizio pubblico e privato, le infrastrutture avevano subito ingenti danni, basti pensare alla rete ferroviaria e alla marina mercantile, creando difficoltà nelle reti di comunicazione. A questo poi bisogna aggiungere la scarsità delle materie prime e dell’approvvigionamento di cibo, i terreni coltivati erano stati distrutti dalle bombe o trasformati in campi minati, l’agricoltura soppiantata, scarseggiavano i fertilizzanti ed i macchinari. Ad una depauperazione del territorio italiano corrispondeva, poi, una devastazione morale della popolazione, ridotta alla fame, messa a dura prova dalla lotta alla sopravvivenza, piegata dal dolore per la perdita dei beni materiali e, soprattutto, delle persone care.

Oggi siamo nella stessa situazione di allora?

Sicuramente gli italiani godono ancora dei benefici del boom economico che seguì al conflitto mondiale. La maggior parte ha la garanzia dei beni di prima necessità e, l’indole di risparmiatori degli italiani, ha dato la possibilità alle famiglie di assicurare un minimo benessere anche ai giovani che hanno difficoltà a trovare un lavoro e diventare autonomi ed indipendenti. Il vero problema, oggi, è la percezione del futuro. All’indomani del conflitto forse nelle persone c’era la consapevolezza che più a fondo di quel baratro non si poteva andare, era il ritratto di un’Italia piena di speranza e proiettata verso il futuro e il progresso. Ora l’immagine è di un popolo che si trascina sotto il peso di un paese distrutto, ma che non vede via d’uscita e vive nel dubbio di scegliere ogni volta “il meno peggio”.

Una nuova ricostruzione

Tra la fine della guerra e il boom economico, c’è stato però il momento della ricostruzione, un periodo durato dal 1945 al 1958. Tempi duri per le decisioni di indirizzo politico ed economico che dovevano portare l’Italia fuori dalla povertà, per i cambiamenti profondi che coinvolsero la vita degli italiani e per i nuovi equilibri mondiali e rapporti di forza che bisognava ristabilire. In questo senso, siamo in un nuovo dopoguerra dato che, a prescindere dai risultati delle recenti elezioni, l’atmosfera di annichilimento in cui si trova il Paese ha creato le condizioni per una nuova ricostruzione. Le infrastrutture dell’Italia cadono a pezzi con un impatto sulla vita quotidiana dei cittadini e una spaccatura all’interno del Paese, in base alle reti di trasporti più o meno efficienti. L’istruzione non è più il punto di partenza imprescindibile per la formazione dei cittadini di domani e il tessuto imprenditoriale italiano, costituito per la maggior parte da piccole e medie imprese, viene spesso lasciato solo ad affrontare le mille difficoltà: dalla burocrazia ai costi elevati, dal confronto con i mercati internazionali alle sfide imposte dall’innovazione.

Sfide globali

L’Italia, poi, partecipa sempre meno alle importanti decisioni sulle questioni globali, così come la perdita di un indirizzo morale e di valori condivisi ha portato ad un clima di tutti contro tutti.

Un progetto a lungo termine

Nel dopoguerra furono adottate le misure che presero il nome di “linea Einaudi” con una serie di provvedimenti per la riduzione dell’inflazione e varato l’European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall, un piano di aiuti economico-finanziari da parte degli Stati Uniti per l’Europa. L’aspetto importante è che il processo di ricostruzione si fondava su un progetto a lungo termine, supportato da una visione e da attività coordinate. Anche la politica fu protagonista di un profondo rinnovamento con una nuova classe dirigente formata, non da persone improvvisate, ma con uno spessore personale e culturale che decisero di mettere a disposizione del Paese le loro esperienze. La concomitanza di questi fattori portò l’Italia al boom economico degli anni ’60 ed oggi, ripartendo da un progetto a lungo termine adattato al momento storico attuale, sarà possibile ritrovare un benessere condiviso.

Con lo sguardo verso il futuro

Per poter riprendere un sentiero di prosperità, bisogna tuttavia saper abbandonare le logiche di status quo e di chiusura verso ciò che è nuovo, bisogna comprendere che tutto ciò che non si realizza oggi con uno sguardo al domani, non porterà comunque benefici a chi verrà dopo di noi. E allora occorre una pianificazione, occorre rievocare le energie sopite del paese, richiamare le persone e le conoscenze adatte alle sfide che il presente e il futuro ci pongono, dopo aver scrutato in profondità la società in cui viviamo. È il momento partire, di passare ai fatti, è il momento di implementare.

La ricostruzione passa da questo, senza dimenticarci che…

Per poter ricostruire, dobbiamo avere la capacità di scorgere le macerie che sono intorno a noi

 

Pierluigi TESTA

Maria Elena VIGGIANO

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Nota della redazione del Think Tank Trinità dei Monti

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