Riflessioni sui network sanitari in un’Europa che cambia

di Gloria Paronitti - 2 Aprile 2020

 from Rome, Italy

   DOI: 10.48256/TDM2012_00089

Summary

L’articolo illustra alcuni elementi della sanità in Europa non tanto dal punto di vista medico o scientifico, ma soprattutto dal punto di vista dell’organizzazione del network sanitario sul suolo nazionale e delle sue interazioni con i Paesi confinanti. Per network sanitario, si intende quel sistema che si snoda per tutto il territorio nazionale, composto dal sistema sanitario (ricovero per malati acuti, assistenza di base e specialistica), la ricerca scientifica, le autorità e le amministrazioni preposte, e da tutti i punti territoriali di contatto e di assistenza alla persona (assistenza a lungo termine, istruzione, assistenza domestica e di volontariato).

Questo articolo vuole portare all’attenzione del lettore alcuni suoi elementi caratteristici, i quali vanno rafforzati e vieppiù continuamente adattati con l’evolversi della realtà in cui viviamo.

La situazione della sanità europea

La tragica pandemia di Coronavirus ha evidenziato quanto sia fragile la situazione delle infrastrutture sanitarie e l’insufficienza dei fondi volti a sostenerle. Il problema riguarda tutta l’Europa, con situazioni di crisi che portano alla luce carenze di ogni genere, dalla mancanza di personale a quella di macchinari e più in generale all’inadeguatezza delle infrastrutture.

Negli ultimi quindici anni, un susseguirsi di riforme a livello Europeo ha puntato a razionalizzare il ricorso alle cure ospedaliere, a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi e a ridurre il numero di strutture ospedaliere e posti letto (Garel and Notarangelo, 2020), basandosi sul principio per cui un servizio migliore può significare un minor numero di ricoveri e un abbreviarsi del periodo di degenza. 

Inoltre, in molti Paesi europei, la percentuale della spesa sanitaria in rapporto al PIL rimane a livelli insufficienti. Nel 2017 il rapporto medio europeo si aggirava intorno al 9,6%, ma se da un lato troviamo paesi come la Francia (11,5%) e la Germania (11,3%), che dedicano una parte maggiore delle loro risorse alla spesa sanitaria, dall’altro troviamo paesi come la Romania (5,2%) e la Turchia (4,2%), con livelli di spesa insufficienti. Nel 2017, l’Italia si attestava intorno al 9,8% e, nonostante presentasse una percentuale lievemente superiore alla media, bisogna sottolineare che tra il 2010 e il 2019 sono stati attuati tagli e definanziamenti sostanziali, sottraendo in aggregato 37 miliardi che erano stati attribuiti al SSN (Cartabellotta, Cottafava, Luceri and Mosti, 2020).

Evoluzione demografica 

La popolazione globale è in netta espansione, con tassi di crescita medi intorno all’ 1,09% negli ultimi dieci anni  (UN Population Division, 2019). All’interno dell’EU-28, si prevede che la popolazione arriverà a 528,6 milioni nel 2050. Inoltre, nel Vecchio Continente la popolazione vive più a lungo ed è sempre più anziana, mentre le nascite sono sempre meno e il tasso di fecondità è sempre più basso (Fransen, del Bufalo, Reviglio, 2018). Con l’avanzare dell’età media, le persone diventano più fragili e vanno incontro a condizioni di multi-morbilità, richiedendo cure che siano accessibili, integrate e sempre più personalizzate. 

Inoltre, da anni la globalizzazione ha comportato un maggior numero di spostamenti delle persone, sia in termini di volume che di frequenza. In particolare, la mobilità è aumentata, favorita da innumerevoli fattori quali la creazione dell’area Schengen, il fiorire di compagnie low-cost e più in generale il capillare sviluppo dei servizi di trasporto di persone e merci.

Non solo, anche la migrazione da e verso Europa è cresciuta (Fransen, del Bufalo, Reviglio, 2018), creando un melting pot che da un punto di vista sanitario comporta elementi di complessità gestionale sempre maggiori. Infine, bisogna anche tener conto dell’effetto che l’avanzamento tecnologico ed il cambiamento climatico potranno avere sull’ambiente in cui viviamo e quindi, indirettamente, sulla nostra salute. 

Tutti questi cambiamenti stanno avvenendo in tempi più o meno brevi e richiedono capacità di previsione, adattamento e trasformazione da parte dei network sanitari, non solo a livello Europeo. 

La carenza di infrastrutture sanitarie

Un altro problema europeo è che molto spesso le infrastrutture non usufruiscono di finanziamenti adeguati e/o lavorano in modo inefficiente. Quest’ultimo caso vale anche per i paesi con network sanitari abbastanza forti, quali Germania, Francia e Belgio: qui si registra un eccesso di capacità degli ospedali, suggerendo addirittura possibili disinvestimenti su tale fronte (Fransen, del Bufalo, Reviglio, 2018). Inoltre, in alcuni casi, questi non si distinguono dagli altri in quanto ad inefficienza nell’uso di tecnologie e connettività.  

Nel 2017, la European Long-Term Investors Association (ELTI) ha istituito la High Level Task Force (HLTF) on Investing in Social Infrastructure, con l’obiettivo di convogliare l’attenzione politica sul ruolo delle infrastrutture sociali (ospedali, scuole, alloggi sociali) ed i servizi ad esse connesse per stimolare investimenti pubblici e privati nel settore. 

Riguardo alla sanità e all’assistenza a lungo termine, la HLTF ha concluso che gli investimenti sono spesso posticipati e troppo concentrati sugli ospedali, sfavorendo la ricerca di un approccio più flessibile territorialmente, che coinvolga l’assistenza a breve termine, le strutture e le comunità locali. 

Oggi c’è un forte bisogno di innovazione in termini di accessibilità fisica, flessibilità ed efficienza energetica, ma soprattutto in termini di innovazione tecnologica: bisogna investire nelle piattaforme digitali, nella raccolta dei dati e nell’interoperabilità. 

In conclusione, la HLTF stima che il gap degli investimenti nel settore ammonti a circa 70 miliardi (oltre i 75 già spesi in aggregato nel 2015) (Fransen, del Bufalo, Reviglio, 2018) .

Global Health Security Index 

Accanto a questi elementi, bisogna considerare che i sistemi sanitari nazionali sono costretti eccezionalmente a fronteggiare avvenimenti improvvisi, come la recente epidemia causata dal COVID-19 e che spesso non sono abbastanza pronti. 

Eppure uno strumento esiste: è il Global Health Security Index (GHS), che analizza il grado di preparazione dei paesi di fronte ad emergenze come pandemie ed epidemie. Esso rappresenta un’accurata valutazione ed analisi comparativa del livello di sicurezza sanitaria e delle capacità di risposta dei 195 paesi aderenti all’International Health Regulation. Per “sicurezza sanitaria” si intendono le “misure necessarie a ridurre il rischio e l’impatto di eventi sanitari che mettono in pericolo la popolazione mondiale”(Cameron, Nuzzo and Bell, 2019).

L’indice, che ha una scala da 1 a 100 punti, si basa sulla valutazione di misure di prevenzione e di individuazione precoce dell’emergenza, sulla rapidità di risposta, sulla capacità del sistema sanitario di curare i malati e di proteggere il personale, sullo sviluppo di piani di finanziamento, sulla capacità di adottare norme globali e sul rischio specifico legato all’ambiente e alla stabilità politica del paese.

Sei mesi fa, il report avvertiva che la sicurezza sanitaria globale è a rischio. 

Infatti, nessun paese è preparato ad affrontare il diffondersi di una pandemia: la media dei 195 paesi si attesta a 40,2 punti, evidenziando la necessità di interventi rapidi.

Inoltre, scores bassi non sono prerogativa solamente dei paesi poveri: tra i 60 paesi a reddito elevato, la media è di 51,9 punti e nei 116 paesi a reddito medio-elevato non si superano i 50 punti. Solo il 6,9% dei paesi è alquanto preparato. Sul podio troviamo USA (83,5), UK (77,9) e Paesi Bassi (75,6). L’Italia raggiunge i 50,2 punti (Cameron, Nuzzo and Bell, 2019). 

Strategie di rafforzamento dei network sanitari

I cambiamenti demografici, tecnologici, climatici, la necessità di non eccedere il budget e la complicata gestione delle risorse, richiedono sicuramente di rafforzare e modificare il volto della sanità. Nonostante sia difficile trovare la formula vincente, elementi qualificanti sono flessibilità, prevenzione ed investimenti nelle infrastrutture sociali.

La flessibilità riguarda le cure cliniche, l’assistenza territoriale, le strutture ospedaliere e i team di operatori sanitari. 

La prevenzione include l’educazione della popolazione e lo sviluppo di standard e metodologie nazionali ed internazionali migliori per prevedere, mitigare l’impatto ed affrontare emergenze sanitarie. 

Infine, gli investimenti nelle infrastrutture sociali (in questo caso nel network sanitario) sono richiesti per sostenere, migliorare e sviluppare il sistema. Generalmente a carico dello stato, questi investimenti possono rappresentare un’opportunità anche per gli investitori privati che vogliono impegnarsi per il sociale.

1. Flessibilità

1.1. Flessibilità sul territorio

La flessibilità è un obiettivo perseguito da tempo da chi si occupa della reattività dei sistemi sanitari ( come le autorità del settore ed i professionisti sanitari) e prende diverse forme. 

Innanzitutto, per flessibilità si intende la capacità di mantenere il paziente al centro delle cure, coordinando non solo quelle cliniche, ma anche la prevenzione e servizi di supporto (servizi sociali, riabilitazione). La comunicazione e la cooperazione devono avvenire non solo tra diversi medici ed infermieri all’interno di un ospedale, ma anche tra i medici, le autorità che gestiscono le cure sul territorio, il paziente a la rete sociale, in modo da garantire un supporto territoriale capillare e la continuità assistenziale. Questo tipo di assistenza è prevista nei vari paesi europei e si concretizza con modalità diverse. 

A supporto dello sviluppo del network di assistenza territoriale, arriva ancora una volta la tecnologia. Il focus si concentra sulla connected care quale “presa in carico globale del paziente” (Franzoni, Leoni and Paparella, 2019). Essa consiste nella cooperazione e condivisione di dati ed informazioni tra tutti i soggetti coinvolti tramite l’utilizzo delle ultime tecnologie. Così facendo, medici e infermieri ospedalieri, pazienti, istituzioni e operatori sanitari territoriali e a domicilio possono usufruire in ogni momento di una connessione veloce e sicura, favorendo la creazione di piani di cura personalizzati e completi dal punto di vista sanitario e sociale.

Nel futuro sarà importante rafforzare tale rete in modo da fornire tempestivamente tutto il sostegno necessario al paziente e per snellire il lavoro negli ospedali. 

1.2. Flessibilità delle strutture ospedaliere

 “Una delle sfide più importanti che le strutture sanitarie devono affrontare è quella di essere resilienti ai cambiamenti economici, sociali e sanitari e, nello stesso tempo, garantire che il sistema, i servizi e le attività rispondano alle esigenze in costante evoluzione e alle specificità dei diversi luoghi geografici e modelli organizzativi” (Astley, Capolongo, Gola, Tartaglia, 2006: 162). Diventa quindi fondamentale l’ottimizzazione degli spazi e la tecnologia nella realizzazione e all’ammodernamento degli ospedali. 

Gli obiettivi sono quelli di dare vita a strutture che tengano a mente le molteplici necessità dell’ospedale, come gli spostamenti veloci del personale, la costruzione di moduli facilmente riadattabili alle correnti esigenze ed ai futuri sviluppi tecnologici o evitare l’inutile spreco della risorsa spazio. 

Nel futuro l’ospedale deve diventare sempre di più una struttura plastica, capace di trasformarsi prontamente nel tempo senza andare ad interferire con le attività del personale e ad intaccare l’efficienza.

1.3. Flessibilità del personale 

Da ultimo parliamo di flessibilità del personale sanitario. L’esperienza ci dimostra come la creazione di gruppi di lavoro multidisciplinari (taskforce) possa essere una soluzione per problemi complessi. 

Essendo composte da un numero contenuto di figure specializzate con diversi background, le taskforce riescono ad analizzare il problema in ogni suo aspetto e ad adottare rapidamente misure e azioni correttive necessarie. Quella della creazione di team specializzati e taskforce è una pratica già molto diffusa e che andrà sempre più incentivata in futuro. Inoltre, risulta essere vincente nell’evitare la diffusione di infezioni all’interno degli ospedali, ma può rivelarsi una pratica utile anche a livello nazionale. Per esempio, il 22 gennaio 2020 l’Italia ha istituito una taskforce per fronteggiare l’emergenza del nuovo coronavirus con il compito di coordinare le azioni per contrastare la diffusione del virus nel Paese (Ministero della Salute, 2020). 

Un altro spunto sulla flessibilità riguardante il personale sanitario arriva dalla Francia. Infatti, qui esiste la réserve sanitaire (riserva sanitaria) per fronteggiare momenti di crisi. Composta da personale sanitario volontario (medici, psicologi, ingegneri nel settore della sanità, veterinari e tanti altri), può essere mobilizzata dal Ministero della Salute o dalle agenzie sanitarie regionali in momenti di crisi, per fiancheggiare gli operatori sanitari locali allo stremo delle forze. I “riservisti” devono prendere parte periodicamente un periodo di aggiornamento al fine di potersi integrare il più rapidamente possibile nel momento dell’emergenza in modo tale da non interferire con il lavoro dei colleghi. 

2. Prevenzione

2.1. Prevenzione ed informazione

La prevenzione passa attraverso la comunicazione e l’educazione. È fondamentale informare i cittadini sulle buone pratiche per mantenersi in salute ed attivi fino a tarda età e per tutelare la salute di chi li circonda. Altro punto importante è quello di formare la popolazione sul corretto utilizzo dei servizi socio-sanitari, in modo tale da evitare il sovraccarico di lavoro per il personale, lo spreco delle risorse economiche e di ritardare le cure alle persone che ne hanno un reale bisogno. 

Informare e promuovere stili di vita sani rimane uno dei modi fondamentali per garantire il diritto alla salute del cittadino, ma anche per garantire il corretto lavoro degli operatori sanitari. Ne abbiamo avuto esempi in questi giorni: la popolazione viene informata al meglio per assumere un ruolo attivo nel combattere il COVID-19 e per non ostacolare il lavoro dello staff sanitario, già molto difficile. 

Un ruolo importante per l’educazione è svolto ancora una volta dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), le quali riescono a divulgare in modo pervasivo, raggiungendo più persone e coinvolgendole attivamente. Inoltre queste tecnologie permettono di interfacciarsi direttamente con medici ed infermieri e migliorano l’accessibilità e la qualità dell’assistenza.

2.2. Raccomandazioni del GHS per la prevenzione delle emergenze sanitarie quali epidemie e pandemie

Il già citato Global Health Security index indica alla fine della sua analisi alcune raccomandazioni per implementare misure nazionali utili a prevenire e a combattere la diffusione di pandemie ed epidemie. Queste si basano su quattro pilastri fondamentali: l’esercitazione; il monitoraggio e lo sviluppo di standard e metodologie per rafforzare e testare la prontezza di risposta a livello nazionale; la necessità di collaborazione e condivisione delle informazioni tra tutte le nazioni; l’aiuto internazionale per i paesi poveri, che faticano a raggiungere livelli di qualità accettabili nelle basilari funzioni sanitarie. 

Ne riporto una traduzione abbreviata: 

3. Investimenti infrastrutturali

Nel report rilasciato nel 2018 dalla HLTF si legge che “abbiamo bisogno di grandi cambiamenti e nuove iniziative per aumentare gli investimenti pubblici e privati e le innovazioni in quei settori che sono cruciali per il benessere e la resilienza delle persone e delle comunità”(Fransen, del Bufalo, Reviglio, 2018: viii). 

Il finanziamento delle infrastrutture sociali è principalmente a carico del settore pubblico. Purtroppo, però, le risorse dello Stato non bastano. Per questo motivo nel 2014 veniva lanciato dalla Commissione Europea il piano Junker, il quale aveva l’obiettivo di mobilitare entro il 2020, 500 miliardi di euro di risorse pubbliche e private per sostenere gli investimenti nei paesi europei senza incorrere in nuovo debito. In questo piano rientrano anche infrastrutture sociali: si stima che, nel 2018, il 4% degli investimenti mobilitati vi sia stato destinato.

A partire dal 2021 fino al 2027, sulla scia del successo del piano Junker, partirà il programma InvestEU.  L’obiettivo è stimolare ulteriormente gli investimenti, l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, mettendo in campo un ammontare ulteriore di 650 miliardi di euro.

Uno dei punti chiave di queste iniziative è quello di mobilizzare il privato per arrivare dove il pubblico non può. A proprio favore, gli investitori privati hanno la dimensione ridotta degli investimenti, che possono offrire opportunità per diversificare i portfolio. Altri punti forti sono la bassa volatilità dei profitti e la bassa correlazione con asset class tradizionali (perciò meno esposti a rischi sistematici e di mercato), anche se il rendimento è più basso se comparato con quello delle infrastrutture economiche, significativamente più liquidi. 

Tali investimenti rientrano nella categoria degli “investimenti ad impatto sociale”, caratterizzati da duplice utilità: generazione di profitti ed impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente.

Conclusioni

Questo articolo ha l’obiettivo di ricordare alcune misure ed azioni utili per rafforzare il network sanitario nazionale ed europeo, in vista di inaspettati cambiamenti futuri.

Sono stati menzionati nel corso dell’articolo medici ed infermieri, ma anche pazienti, autorità a livello nazionale e internazionale, investitori privati e si è fatto cenno al lavoro di esperti provenienti da diversi settori (architetti, ingegneri, politici etc.), società civile, volontari. Ciò per ricordare che la salute di una nazione non si basa solo sul servizio dei professionisti della sanità ma anche sul comportamento e le scelte responsabili dei cittadini e della comunità internazionale. 

Per quanto riguarda invece le infrastrutture sanitarie, sicuramente saranno oggetto di importanti mutamenti per essere al passo con una società ed un ambiente in continuo sviluppo. Sarà appassionante poter assistere a questa evoluzione, manifestazione di come, ancora una volta, l’ingegno e lo studio dell’uomo riescano a realizzare opere al servizio di tutti. 

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Autore dell’articolo*: Gloria Paronittiaddetta eventi di Roma del think tank Trinità dei Monti. Studentessa di Master in Management all’Università LUISS Guido Carli di Roma e Dottoressa in Global Governance all’Università Tor Vergata di Roma.

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