Intelligence italiana: la Relazione sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza 2019

di Francesco Generoso - 2 Aprile 2020

  from Naples, Italy

   DOI: 10.48256/TDM2012_00086

Come ogni anno, il Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, in altre parole l’intelligence italiana, ha pubblicato la propria Relazione sulla Politica dell’Informazione per la  Sicurezza (Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, 2020). Il documento, presentato al Parlamento come di consueto, espone le dinamiche, internazionali e nazionali, in grado di colpire la sicurezza e gli interessi italiani. Analizzando gli scenari geopolitici, l’intelligence italiana ha cercato di riconoscere e gestire le principali minacce provenienti dalle diverse aree del mondo, anche le più distanti.

Inoltre, trovano ampio spazio i pericoli all’economia nazionale e al paese, come la criminalità organizzata, il terrorismo, gli estremismi e l’immigrazione clandestina. Focus a parte merita l’allegato alla Relazione, il Documento di Sicurezza Nazionale, che approfondisce le minacce provenienti dal mondo cibernetico e le azioni per la resilienza cibernetica del Paese.

Gli scenari geopolitici

Nel 2019, l’intelligence e le forze di polizia italiane hanno dovuto confrontarsi con una serie di situazioni potenzialmente rilevanti per la sicurezza e gli interessi dell’Italia: il Nord Africa continua ad essere un’area particolarmente calda, dove imperversano fenomeni di radicalizzazione e un conflitto, quello libico, che non sembra essere in procinto di cessare; le condizioni di sicurezza dell’area sub-sahariana continuano a decadere dinanzi a gruppi e organizzazioni che potrebbero rendere la regione il nuovo centro per la jihad globale; anche l’Africa orientale è attraversata da conflitti interetnici, gruppi jihadisti e migrazioni di intere popolazioni nei paesi vicini che destabilizzano ulteriormente un’area già travagliata. 

Il Medio Oriente desta sempre più preoccupazione, con il conflitto siriano e l’esacerbarsi del confronto tra USA e Iran al centro; per quanto riguarda l’Asia centrale, l’intelligence italiana ha lavorato in particolare per la protezione del contingente italiano presente in Afghanistan nel quadro della missione Resolute Support della NATO. Nell’Asia meridionale, le tensioni crescenti tra Pakistan e India, due potenze nucleari, destano preoccupazione, così come l’avanzare di gruppi jihadisti, presenti anche nel sud-est asiatico.

I Balcani occidentali sono attenzionati per la loro eterogeneità, nel quale trovano spazio circuiti estremisti, organizzazioni criminali e gruppi che sfruttano i flussi migratori verso l’Unione europea; Russia e Cina rappresentano sia un’opportunità che una possibile minaccia per gli interessi italiani. L’America Latina sta attraversando, con le dovute differenze tra i paesi, una fase di instabilità crescente, dovuta a tensioni politiche e sociali, nuove e latenti. Un approfondimento viene fatto anche per le regioni artiche e antartiche, considerate nuove frontiere di sviluppo economico e quindi, terreno di confronto tra gli Stati (Ibid).

Il Nord Africa: le tensioni post-primavere arabe

Nel 2019, il Nord Africa ha conosciuto una nuova fase di tensioni, a otto anni dalle rivolte del 2011. Le popolazioni di diversi paesi sono nuovamente scese in piazza per protestare contro le istituzioni. In questo quadro, continuano a serpeggiare fenomeni di radicalizzazione e la forte presenza della minaccia terroristica jihadista. 

In Tunisia, gli attentati compiuti il 27 giugno (la Repubblica, 2019) e rivendicati da Daesh mostrano un paese in cui il terrorismo è ancora presente. Nel contesto tunisino, attraversato da importanti difficoltà economiche, sono soprattutto i giovani ad essere influenzati da fenomeni di radicalizzazione, aspetto particolarmente preoccupante vista l’età media del paese, circa 33 anni (Worldometers.info, 2020), e un tasso di disoccupazione giovanile di quasi il 35% (TheGlobalEconomy.com, 2020). 

L’Algeria, pur attraversando una delicata fase di transizione politica ed istituzionale, ha continuato a fronteggiare i gruppi terroristici e l’attività di organizzazioni criminali, concludendo circa 280 operazioni, specialmente contro al Qaeda nel Maghreb Islamico – AQMI – (Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, 2020), presente al confine sud-orientale del paese. Anche il Marocco ha portato avanti un’efficace strategia di controterrorismo, specialmente contro cellule riconducibili ad AQMI e Daesh.

L’Egitto presenta una complessa rete terroristica formata da numerose gruppi, sia legati ad al Qaeda che Daesh, i quali hanno compiuto numerosi attentati terroristici in tutto il paese – come l’attentato del 4 agosto nel pressi del National Cancer Institute a Il Cairo (Reuters, 2019). Di particolare rilevanza è il gruppo Ansar Bait al-Maqdis in Sinai, legato a Daesh, che ha mantenuto elevate capacità operative e di propaganda nel nord della penisola egiziana.

La Libia, la principale preoccupazione per l’intelligence italiana

L’attività dell’intelligence italiana all’estero è principalmente proiettata verso gli sviluppi dello scenario libico, in una complessa azione che comprende la tutela degli interessi nazionali, degli assetti strategici operanti nel paese, il supporto all’iniziativa politica e diplomatica di risoluzione della crisi, il contenimento di qualsiasi proiezione terroristica verso il nostro paese e il contrasto alle organizzazioni criminali che sfruttano i flussi migratori. 

Lo scenario libico si sviluppa su tre piani distinti: quello interno, politico ed ideologico tra il governo di Tripoli e le forze del Generale Haftar; quello sottostante, costituito dal confronto tra milizie, clan e tribù alla ricerca di propri spazi di manovra; quello internazionale e regionale, che vede un supporto ai diversi attori libici da parte di vari Stati – Turchia e Qatar sostengono Tripoli e le milizie di Misurata, mentre Egitto ed Emirati Arabi Uniti sostengono Haftar – , delineando un tipico esempio di guerra per procura.

L’internazionalizzazione del conflitto ha avuto il suo culmine nell’offensiva portata avanti da Haftar nei confronti di Tripoli, sostenuta dalla Russia, e l’ingresso della Turchia al fianco del governo di Tripoli, dopo gli accordi di collaborazione militari firmati a novembre. La tregua tra le parti, sottoscritta a Berlino il 19 gennaio 2020 – che sin da subito ha mostrato segnali di cedimento  (Askanews, 2020), ha messo in luce il ruolo preponderante degli Stati sponsor di entrambe le fazioni. In particolare è emerso un confronto tra Mosca e Ankara che permette ad entrambi gli Stati di aumentare la propria influenza nel Nord Africa e nel Mediterraneo. Questo passaggio si ricollega inevitabilmente alle proiezioni cinesi sul bacino libico e nel Mediterraneo e i suoi interessi nel continente africano.

La regione del Sahel, nuovo polo jihadista

La crisi libica ha condizionato la sicurezza dell’intero quadrante maghrebino, permettendo a gruppi estremisti di reclutare proseliti e gestire le proprie attività attraverso i confini porosi degli Stati. In questo contesto, è nuovamente confermato il trend negativo di decadimento delle condizioni di sicurezza del Sahel e di tutta l’area sahariana (Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, 2020).

Problemi strutturali e un deficit della governance hanno permesso la proliferazione di gruppi terroristici, l’aumento dei traffici illeciti transnazionali – come quelli della droga, provenienti dall’America Latina – e  la sovrapposizione tra organizzazioni criminali e gruppi jihadisti. Le vulnerabilità complessive della regione hanno costretto l’intelligence ad impegnarsi principalmente a tutelare gli assetti italiani impegnati nelle missioni ONU e dell’Unione Europea, nonché la missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger – MISIN.

Nonostante varie iniziative, non si può non notare come la regione stia diventando l’epicentro della jihad globale. I vari gruppi dell’area, sia quelli legati a Daesh sia le varie sigle qaediste, unite nel fronte Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin – JNIM, hanno migliorato le proprie capacità operative, riuscendo ad organizzarsi superando le differenze ideologiche (Petesch, 2020). Inoltre, l’uso attento dei finanziamenti provenienti dai traffici illeciti e la capacità di inserirsi in un contesto etnico-sociale che permette di reclutare nuovi adepti, rende la presenza jihadista nell’area una sfida fondamentale per la tenuta istituzionale, già di per sé manchevole, dei paesi coinvolti (Citino, 2019).

L’Africa orientale: Somalia e Kenya nel mirino

L’Africa orientale è caratterizzata da criticità sociali, economiche e sicurezza, ma anche da progetti di cooperazione tra paesi, come la pace tra Etiopia ed Eritrea del 2018 (Virgilio, 2019). L’area è di particolare interesse per l’Italia, essendo al centro dei traffici marittimi internazionali – lo stretto di Bab el-Mandeb è il primo collo di bottiglia che congiunge il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano, ed è l’unica via per arrivare al Canale di Suez e, quindi, al Mediterraneo.

L’intelligence italiana ha innanzitutto seguito la Somalia, al centro degli sviluppi dell’intera regione, ancora segnata da conflitti tribali, dal confronto tra Autorità centrale e Stati regionali e, soprattutto, da una massiccia presenza terroristica (Dahir, 2019). La principale organizzazione jihadista nella regione, al Shabaab, legata ad al Qaeda, rappresenta una minaccia concreta per la regione. La forza di al Shabaab sta nella capacità di sostituirsi allo Stato, divenendo un’entità parastatale in grado di fornire servizi essenziali nelle aree rurali, guadagnandosi il sostegno della popolazione e un importante bacino di reclutamento. A ciò si aggiunge anche la presenza di gruppi jihadisti legati a Daesh nel Nord del paese.

Nei progetti di al-Shabaab di creare la cosiddetta “Grande Somalia”, il Kenya rappresenta il principale obiettivo oltre il confine somalo, come dimostrato dal cruento attacco al Dusit D2 Hotel del 15 gennaio a Nairobi (BBC, 2019). Anche l’Etiopia e il Gibuti vedono incrementare la presenza fondamentalista, divenendo possibili aree di diffusione del terrorismo jihadista. Tali instabilità nell’area hanno generato nuovi squilibri etnici ed emergenze umanitarie, favorendo la diffusione dell’ideologia radicalizzata. 

Il Medio Oriente: Daesh, Siria, e Iraq al centro

L’intelligence italiana è stata particolarmente attiva nell’analisi dell’area mediorientale, costantemente soggetta a una serie di crisi complesse in continua evoluzione. Il contesto vede un confronto tra Stati Uniti – e Arabia Saudita –  e Iran che ha raggiunto nuove vette di tensione, in grado di impattare sulla sicurezza internazionale. Inoltre, l’azione di Daesh, priva di territorialità e del suo leader, al Baghdadi, mantiene un potenziale offensivo importante nella sua nuova dimensione sovversiva, conservando intatta la sua proiezione quale punto di riferimento ideologico, soprattutto via web, della jihad globale.

La Siria è l’esempio lampante della complessità dello scenario mediorientale. Il realismo e la mutevolezza delle alleanze tra i vari attori, hanno qualificato il conflitto siriano. Gran parte del paese è stato riconquistato militarmente dal regime di Assad, tranne la sola provincia di Idlib, divenuta roccaforte delle milizie ribelli, principalmente attribuibili al mondo qaedista (Ali, 2020). Lo scontro tra le forze di Assad, sostenute dalla Russia, e le milizie, spalleggiate dalla Turchia, ha aggravato ancora di più le condizioni umanitarie di centinaia di migliaia di persone. In questo contesto, il dato di maggior rilievo dal punto di vista geopolitico è il ruolo della Russia quale principale interlocutore di tutti gli attori regionali coinvolti nel conflitto.

Quanto all’Iraq, l’impegno dell’intelligence si è focalizzato sulla sicurezza del contingente italiano, in particolare per la minaccia posta da Daesh, che nella sua fase post-territoriale si è affidata alle attività di gruppi insorgenti presenti nel nord del paese – nelle aree di Mosul e Kirkuk. 

Il confronto tra Stati Uniti e Iran

Il 2019 ha visto un inasprimento delle tensioni tra Iran e Stati Uniti. Dopo l’uscita di Washington dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015, la strategia statunitense di “massima pressione” ha colpito, attraverso sanzioni di varia natura, il regime teocratico di Teheran. In questo contesto, l’Iran ha reagito innalzando il livello di tensione nel Golfo Persico. Esempi sono gli attacchi a petroliere e piattaforme energetiche, come i bombardamenti alle raffinerie ARAMCO di Abqaiq e Khurais in Arabia Saudita del 14 settembre, che hanno provocato ingenti danni alla produzione petrolifera saudita (Generoso, 2019). Un confronto, quello con gli Stati Uniti, che si è esteso in Iraq e culminato nella serie di eventi che hanno avuto luogo tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, tra cui l’eliminazione del Comandante delle forze Quds iraniane Qasem Soleimani.

Cina e Russia, gli interessi economici e geopolitici

L’intelligence italiana non può prescindere da un’analisi delle proiezioni di Cina e Russia sul piano geopolitico ed economico.  Attraverso un coordinamento strategico – che non si è però sviluppato in una vera alleanza – (Orioles, 2019 & Bechis, 2019), i due Stati hanno l’obiettivo di mettere in discussione il ruolo di potenza globale degli Stati Uniti e dell’ordine democratico-liberale sviluppatosi dopo la fine della Guerra Fredda. Mosca, dal canto suo, dopo essersi presa la scena mediorientale, a seguito dell’intervento in Siria, sta sviluppando un’ambiziosa agenda africana. Unendo l’azione di influenza esercitata sui paesi nordafricani – come in Libia – e le rinnovate sinergie presenti in epoca sovietica con le nazioni dell’Africa sub-sahariana, la Russia sta ritornando nel Continente africano. In questo modo, Mosca sta cercando di ritagliarsi un proprio spazio nel continente africano, cercando di raggiungere  altri attori di rilievo – Cina e Stati Uniti su tutti.

Sulla Cina, la situazione visionata dall’intelligence risulta alquanto controversa. Se da una parte Pechino continua a crescere a ritmi importanti, dall’altra il rallentamento dell’economia, le incerte prospettive demografiche, le agitazioni ad Hong Kong e la situazione dello Xinjiang, il confronto commerciale e tecnologico con gli USA e, in ultimo, l’epidemia del virus Covid-19 esplosa a Wuhan, si sono rivelate delle importanti sfide per la dirigenza cinese che potrebbero minare la crescita e la stabilità del gigante asiatico. 

Merita ancora attenzione il dossier nordcoreano, visto il fallimento delle trattative tra il Presidente statunitense Trump e il leader della Corea del Nord Kim Jong-un. Arrivano infatti segnali negativi da Pyongyang, con il moltiplicarsi dei lanci dimostrativi di missili a corto e medio raggio nel mar del Giappone.

Balcani e Afghanistan, due aree di interesse

L’osservazione dell’intelligence italiana nei Balcani occidentali riguarda quelle situazioni che potrebbero avere un impatto sul territorio nazionale. Sono infatti presenti nell’area: circuiti radicalizzati, in comunicazione con soggetti presenti nell’Europa occidentale, Italia compresa; organizzazioni criminali che, tramite i loro traffici, sono proiettati anche verso il nostro paese; l’attività di gruppi che favoriscono i flussi migratori provenienti dalla Grecia e dalla Turchia, attraverso la rotta balcanica, diretti verso i paesi occidentali dell’Unione europea. Assume inoltre un particolare importanza il fenomeno del “jihad di ritorno”,  ovvero il ritorno di centinaia di combattenti autoctoni radicalizzati e mujahedin di diversa provenienza. Questo fenomeno va ad impattare su un tessuto sociale in cui storicamente trova facile spazio la propaganda jihadista, facilitata da una persistente crisi socio-economica. 

Infine, il mancato avvio dei negoziati di adesione all’Unione europea di Albania e Macedonia del Nord (Parlamento europeo, 2019), e il rallentamento dei colloqui con Serbia e Montenegro, rappresentano un’ulteriore elemento di instabilità (Dizdarević, 2020).

L’Afghanistan rappresenta il principale obiettivo dell’intelligence italiana nell’Asia centro-meridionale e orientale. Il paese continua ad essere attraversato da violenze e attentati. Il 2019 è infatti stato uno dei peggiori anni dell’ultimo decennio sul fronte sicurezza. Secondo i dati  raccolti dalla missione NATO, sono stati oltre 29.000 gli attacchi compiuti lo scorso anno, a fronte dei circa 27.400 del 2018. Le negoziazioni portate avanti dagli Stati Uniti con i Talebani ancora devono affrontare i punti principali della questione, quali le prospettive di dialogo intra-afghano, le condizioni della popolazione civile e la presenza di truppe straniere nel paese.

India e Pakistan

Destano preoccupazione anche i rapporti tra Pakistan e India, che nel 2019 hanno visto un aumento delle tensioni. Già nel febbraio, un attentato nei confronti delle forze di sicurezza indiane da parte di un gruppo terroristico attivo in Kashmir – Jaish-e-Muhammad, che l’India considera sostenuto dal Pakistan – (la Repubblica, 2019), ha generato una forte reazione aerea indiana nei confronti del Pakistan, con annessa risposta di Islamabad, facendo temere l’inizio di un conflitto tra le due potenze nucleari. Nell’agosto poi, l’India ha revocato lo status speciale alle regioni del Jammu e del Kashmir – contese dal Pakistan – , istituendo una serie di misure repressive che hanno generato nuovi confronti tra India e Pakistan (La Stampa, 2019).

Lo spazio post-sovietico

Lo spazio post-sovietico ha evidenziato una serie di situazioni positive – nel quadrante asiatico – e negative – nel quadrante europeo – . I vari Stati dell’Asia centrale, quali Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kyrgyzstan, seppur nelle loro instabilità interne, hanno portato avanti con successo un rilancio della cooperazione regionale, generando una crescente attenzione internazionale all’area. In questo senso va la Strategia delineata dall’Unione europea nel 2019 di rafforzare l’approccio europeo nei confronti di quest’area del mondo (Consiglio Europeo, 2019). 

Più difficili sono stati i rapporti con l’area occidentale dello spazio post-sovietico. Moldavia e Bielorussia sono ancora alle prese con l’influenza della Russia, in particolare l’ultima ha visto nel 2019 un tentativo da parte di Mosca di realizzare il progetto di unione tra i due Stati, attraverso la richiesta nei confronti di Minsk di cedere parte della propria sovranità monetaria (Soglian, 2019). L’Ucraina, pur avendo un nuovo presidente, non sembra ancora essere riuscita a rialzarsi dalla crisi iniziata nel 2014, con l’annessione della Crimea da parte della Russia e lo scoppio delle rivolte filo-russe nelle regioni orientali. Anche la regione caucasica pone sfide di particolare complessità, come dimostrato dal caso della Georgia, paese che cerca da anni di avvicinarsi all’area euro-atlantica ma che resta segnata dalle secessioni dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud, due regioni de facto indipendenti e protette dalla Russia.

America Latina e Artico

L’intelligence ha intravisto, nel 2019, un importante avanzamento del processo di integrazione delle regioni Artica e Antartica in quello che viene definito lo “spazio globale”, ovvero quelle aree di interesse economico e commerciale. Lo scioglimento dei ghiacci polari ha favorito l’apertura di nuove rotte e aree di interesse economica, innalzando il livello di confronto strategico tra potenze.

L’Italia mantiene alto il livello informativo in America Latina, area d’interesse soprattutto per ragioni storiche – data una forte presenza di comunità di connazionali e di discendenza italiana – e commerciali. L’America Latina sta attraversando un’acuta fase di instabilità. In Venezuela, il Presidente Maduro è riuscito a tenere saldamente il potere nonostante l’enorme crisi economica che attanaglia il paese e l’opposizione di Juan Guaidó, riconosciuto come Presidente da circa 60 paesi. In Perù sono tutt’oggi attive le proteste contro la prolungata crisi politica e gli scandali che hanno coinvolto la classe dirigente del paese. Anche Ecuador e Cile stanno attraversando un periodo di instabilità, dovuta alle misure di austerità per affrontare le crisi economiche e le conseguenti proteste della popolazione.

Le preoccupazioni per l’economia in uno scenario mondiale fragile

In uno scenario mondiale caratterizzato da forte fragilità e volatilità, dove la competizione internazionale si fa sempre più accesa, l’intelligence ha dovuto impegnarsi per garantire la protezione dell’economia internazionale, assicurando l’afflusso di capitali e investimenti nel nostro paese, supportando l’internazionalizzazione delle imprese italiane e salvaguardando i settori industriali, in particolare quelli considerati strategici, come aerospazio, trasporti, infrastrutture, telecomunicazioni, difesa e sicurezza.

La tutela degli assetti strategici: il Golden Power

Nel 2019, il governo italiano ha cercato di rendere più efficace l’uso dei poteri speciali sul controllo degli investimenti esteri attraverso la normativa sul cosiddetto Golden Power – legge 56/2012.  E’ stata infatti estesa la portata anche a quei settori particolarmente esposti alla competizione mondiale e divenuti sempre più rilevanti, visti gli avanzamenti tecnologici. Con la legge 133/2019, si è voluto quindi salvaguardare quegli ambiti industriali legati all’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la robotica e i media, in accordo a quanto previsto dal Regolamento dell’Unione europea 2019/452. In questo contesto, quindi, rientra l’attività informativa dell’intelligence di approfondire la natura degli investitori esteri, considerando il rischio che entità che presentano governance o un azionariato riferibile a entità pubbliche o, comunque, sospette, possano portare avanti acquisizioni di imprese e accordi che includono altre finalità, non solamente economiche e commerciali.

ASSET – L’intelligence per le imprese

Nella prospettiva di promuovere e trasmettere la cultura della sicurezza, si è visto necessario approfondire il rapporto tra gli organismi informativi e il mondo imprenditoriale, non solo con gli attori strategici ma anche e soprattutto con piccole e medie imprese, la base del tessuto produttivo italiano,  più vulnerabili ad attività di spionaggio e ingerenza. E’ quindi nata l’idea di creare il progetto “ASSET”, un programma itinerante che ha visto l’impegno dei vertici e specialisti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza – DIS – per far conoscere il comparto informativo e sensibilizzare gli operatori economici dalle minacce, nonché fornire indicazioni su possibili contromisure (Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, 2019).

Attenzione su settori energetico, trasporti, logistica

Resta centrale nell’azione dell’intelligence la tutela del sistema energetico nazionale, avviato verso una transizione verde e che prevede, quindi, nuove sfide sul piano della sicurezza. Il comparto informativo ha quindi monitorato le dinamiche del settore privato, lo sviluppo tecnologico e l’evoluzione delle politiche ambientali internazionali, oltre ovviamente la stabilità degli approvvigionamenti energetici.

L’intelligence è stata impegnata anche nel tutelare il settore trasporti e logistica, in particolare: riguardo la sicurezza delle aree portuali, anche in relazione agli accordi intrapresi con la Cina nell’ambito della Belt and Road Initiative; il settore automotive, che mantiene un ruolo centrale grazie alle filiere nazionali della componentistica; il manifatturiero, espressione del Made in Italy, il farmaceutico e il biomedicale, punte di diamante nel campo “ricerca e sviluppo”. 

L’evoluzione tecnologica delle mafie

L’attività informativa sulla criminalità organizzata ha evidenziato lo sviluppo di nuovi strumenti operativi, soprattutto riguardo lo spostamento di capitali criminali e il loro reimpiego. E’ infatti aumentato l’interesse delle mafie verso le nuove tecnologie digitali e i nuovi strumenti finanziari, a cominciare dalle cripto-valute (Ludovico, 2019). Questi nuovi ambiti di intervento rappresentano una nuova frontiera nella lotta alla criminalità organizzata, come testimoniato dalle normative specifiche assunte nel 2019.

L’attenzione dell’intelligence è rimasta elevata anche per quanto riguarda le associazioni criminose nigeriane. Nonostante siano state duramente colpite dalle attività investigative e giudiziarie, hanno continuato a mantenere vivo il loro attivismo nel narcotraffico e nello sfruttamento della prostituzione. L’azione informativa ha evidenziato, tra le altre cose, le modalità di trasferimento dei proventi verso la Nigeria, che confluiscono nelle casse delle principali confraternite e consorterie nigeriane.

Il terrorismo jihadista

E’ stato assolutamente prioritario il contrasto al terrorismo internazionale di matrice jihadista per l’intelligence nel 2019. Un impegno totale, in Italia e all’estero, nel monitorare l’evoluzione del fenomeno, l’analisi della propaganda, le dinamiche interne dei vari gruppi e l’azione di coordinamento con le forze di polizia, il Ministero degli Esteri e lo Stato Maggiore della Difesa. La perdita di territorialità, nonché l’eliminazione del suo capo, non hanno sconfitto Daesh, che ha mantenuto una postura globale. La ricostituzione del Califfato jihadista è tornato ad essere un obiettivo per Daesh, essendo ancora presente nei territori originari e avendo creato un’importante rete di supporter in giro per il mondo. 

Inoltre, Daesh ha rafforzato la propria presenza in Africa e in Asia, con una preoccupante concentrazione nel Sahel. In più di un’occasione, le sigle legate a Daesh si sono confrontate con quelle legate ad al Qaeda, incidendo ancor di più sulle già instabilità condizioni di sicurezza di alcune aree del mondo. Tuttavia, destano ancora più preoccupazione le cooperazioni tattiche tra le due fazioni in diversi contesti africani, come la sinergia nel Sahel tra il gruppo qaedista Jamaat Nusrat al Islam wa al Muslimin – JNIM – e locali affiliazioni di Daesh. 

Le azioni di matrice jihadista in Europa nel 2019, in lieve ripresa rispetto al 2018, confermano la pericolosità della minaccia che ha visto negli ultimi anni, con la presenza di “lupi solitari”, il ricorso pianificazioni poco sofisticate e l’uso di mezzi facilmente reperibili ma ugualmente efficaci. Daesh ha continuato a rappresentare il modello ispiratore. Particolarmente sotto osservazione è l’ambito carcerario, che continua a rappresentare un ambiente sensibile ai fenomeni di radicalizzazione.  

Il finanziamento al terrorismo

Sebbene non abbia assunto le dimensioni del sistema legato alla criminalità organizzata, il finanziamento al terrorismo continua ad essere una sfida per il sistema finanziario internazionale, visti i nuovi ambiti digitali che i gruppi e gli individui radicalizzati utilizzano. E’ rimasta elevata l’attenzione dell’intelligence sui canali di trasferimento finanziario che garantiscono l’anonimato e rendono difficile il tracciamento dei flussi di denaro. Analogamente, anche le fonti di finanziamento sono oggetto di monitoraggio del comparto informativo. Si è evidenziata la capacità delle organizzazioni jihadiste di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento al mutare dello scenario sul campo. 

La minaccia cibernetica

Come indicato dal Documento di Sicurezza Nazionale allegato alla Relazione, l’arma cibernetica si è confermata nel 2019 uno strumento particolarmente efficace per la direzione di attacchi ostili nei confronti di obiettivi, sia pubblici che privati, di rilevanza strategica per il nostro Paese. L’obiettivo principale dell’intelligence in questo ambito è il contrasto alle campagne di spionaggio, riconducibili a solitamente a gruppi organizzati. I gruppi di cyber-spionaggio ed attacco denominati ‘Advanced Persistent Threat’ – APT – hanno continuato a preferire il danneggiamento dei sistemi di gestione della posta elettronica, attraverso il monitoraggio delle comunicazioni elettroniche scambiate dagli utenti – tra cui figure dirigenziali degli obiettivi – procedendo poi alla sottrazione di informazioni e contenuti in modo totalmente anonimo. 

Tra gli obiettivi principali sono stati confermati i sistemi informatici delle Pubbliche Amministrazioni, sia centrali che locali. In particolare, si è visto un leggero aumento degli attacchi diretti verso i Ministeri, mentre vi è una diminuzione degli attacchi verso gli assetti di enti locali. 

Tra le tipologie di attacco più utilizzate troviamo le tecniche di SQL Injection, precedute da attività di scansione delle reti e dei sistemi – Bug Hunting – alla ricerca di vulnerabilità da sfruttare. Affiancate a tali tecniche, troviamo le campagne di spear-pishing, il cui obiettivo è l’iniezione di strumenti come i web-shell e i rootkit, impiegati per acquisire il controllo remoto dei sistemi.

 

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Autore dell’articolo*: Francesco Generoso, Studente in Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, Napoli, Italia.

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Nota della redazione del Think Tank Trinità dei Monti

Come sempre pubblichiamo i nostri lavori per stimolare altre riflessioni, che possano portare ad integrazioni e approfondimenti. 

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